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Songlife e la musica dei Nirvana, intervista a Patrick Campbell-Lyons

“Songlife” è la bellissima raccolta della musica dei Nirvana dal 1967 al 1972 che uscirà il 26 febbraio.
A parlarcene è Patrick Campbell-Lyons che, insieme ad Alex Spyropoulos è l’anima della band inglese. Una storia che affonda negli anni e che regala spunti importanti per l’Italia.
Ecco cosa ci ha raccontato:
Ciao Patrick, come stai? Questo virus ha cambiato completamente la nostra vita. Come stai passando questo periodo?
La pandemia ci cambierà tutti e modificherà profondamente il pianeta in cui viviamo, è una chiamata per il risveglio e lo ignoriamo a nostro pericolo. Qui in Grecia, un luogo a cui mi sento molto connesso, abbiamo molta acqua, molte foreste di montagna, inquinamento minimo come in Irlanda dove sono nato e vissuto fino ai venti anni.
I greci hanno un buon atteggiamento con la natura e gli altri, si godono la vita e non sono mai idioti come alcuni visitatori che vengono qui. Ho la mia musica, sono uno spirito libero e ogni giorno è un regalo.
“Songlife” è incredibile. È corretto definire questa una sorta di celebrazione della tua musica?
“Songlife” non è nel dizionario inglese, non ho mai sentito questa parola fino a quando non è arrivata da qualche parte dentro il mio cervello. Ho avuto una chiamata dalla produzione e durante la conversazione hanno chiesto se avessi idee per un titolo forte da mettere sulla copertina. Gli ho risposto che avrei dovuto pensarci un po’. Poche ore dopo è comparsa questa parola, come un neonato. Tutti la hanno subito amata.
C’è una canzone a cui sei particolarmente legato?
Per entrambi direi che “Rainbow Chaser” è una canzone magica, è stata in classifica in molti paesi e ha aperto molte porte per noi.
“Two of a Kind” sull’LP “Secrets” è stata qualcosa di molto speciale da scrivere, una vera ballata classica in stile Nirvana.
Come è nata l’amicizia tra voi?
Al “La Gioconda” un caffè in Denmark Street (Tin Pan Alley) Londra. I musicisti e gli scrittori di canzoni l’hanno chiamato “Gio” ed è stato la mecca per tutti quelli che venivano dall’Irlanda fino a Liverpool e alla Scozia. C’erano poi tante band londinesi che cercavano un posto dove staccare o cercavano dove suonare.
Noel Redding, il bassista di Jimi Hendrix, era un amico e suonava il basso nelle nostre esibizioni. Alex e io eravamo di fatto con lo stesso editor, ma non lo sapevamo. Quando ci hanno presentati eravamo seduti allo stesso tavolo con alcuni altri pazzi… Era un luogo selvaggio con caffè cattivo e “groupies”.
Il momento più bello della carriera?
La mia vita è musica, ma non ho mai pensato a una carriera. il tempo è un cerchio, l’anno è stesso un cerchio e vivo per ogni momento prezioso che mi viene regalato.
Come descriveresti la vostra chimica musicale?
Abbiamo un flusso creativo naturale e libero. Condividiamo un buon senso dell’umorismo e siamo sempre alla ricerca di quello che si cela dietro l’ovvio. Io sono un ottimista celtico e Alex è un pessimista greco.
Come descriveresti il vostro processo creativo?
Non ci sono regole o scenari impostati, canzoni o idee arrivano e poi giochi con loro. A volte portiamo un suono e lavoriamo, a volte buttiamo via la roba come quando vai a pescare. Finché ci sono persone a cui piacciono buone canzoni e che pagano per sentirle mi prendo tutti i comfort possibili…
Progetti per il futuro?
Sì, decisamente. Recentemente ho pubblicato una nuova canzone dal titolo “Don’t make America Cry” con il nome “Planet of Love”. Il tutto co-prodotto con Dimitri Romanos e Semina Borodimou.
Il tutto è molto diverso dalla musica dei Nirvana. Credo sia più vicino ai generi psichedelici degli anni ’60. Tornare alla mia Londra è stato come tornare alla radice dei miei pensieri.
C’è un musicista con cui ti piacerebbe collaborare?
Gli MGMT (Andrew VanWyngarden), ma anche Françoise Hardy. Lei ha registrato una versione di “Tiny Goddess” in italiano e una francese.
Hai qualche ricordo particolare dell’Italia?
Non abbiamo mai suonato in Italia, tuttavia possiamo vedere che abbiamo un numero speciale di fans dall’Italia che ci seguono tramite podcast e social media.
Il mio libro “Psychedelic Days” ha aiutato il nostro profilo in molti paesi e il conflitto di nome con un’altra band ci ha portato anche in un altro modo di vedere la musica rapportato agli eventi storici.
A livello personale ho fatto alcuni meravigliosi viaggi in Italia, sono un fan dell’opera italiana, soprattutto di Puccini. Lucca è una delle città più belle d’Europa, sono stato al Festival dell’Opera sul lago in tre occasioni e ho anche passato del tempo al Lago d’Orta e da Padre Pio. L’Italia per me è speciale.
Il tuo messaggio per i fans italiani.
Vorrei fare uno spettacolo da qualche parte in Italia. Magari una lettura del mio libro combinata con l’esecuzione di alcune canzoni dei Nirvana dal vivo. Magari questa intervista apre le porte per qualcosa. (A.G.)

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