Viaggi e Covid-19: I diritti del viaggiatore che decide di annullare il suo viaggio
Tantissimi sono i cittadini che, vuoi per esigenze lavorative, vuoi per staccare un po’ la spina dalla routine giornaliera avevano prenotato, prima del diffondersi della pandemia, un pacchetto turistico o avevano stipulato un contratto di trasporto.
Come ben sappiamo le misure ad oggi emanate per contenere il contagio hanno pressoché vietato tutti gli spostamenti non ritenuti necessari dal territorio nazionale verso altri Paesi, non permettendo in tal modo al viaggiatore di godere del servizio acquistato.
Lecito quindi chiedersi quali siano, e soprattutto, se vi siano, dei rimedi esperibili dal consumatore al fine di ottenere tutela dei propri diritti nei confronti dell’operatore di viaggio: il primo potrà vedersi rimborsato per il mancato godimento di un servizio reso impossibile da un provvedimento della Pubblica Autorità?
IL D.L. NR. 9 DEL 2 MARZO 2020
Fondamentale analizzare l’articolo 28 di tale decreto rubricato “Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici” che specifica tutte le situazioni del caso rispetto alle quali, per il combinato disposto dell’articolo 1463 c.c., ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione ricomprendendo altresì le circostanze nelle quali, a causa della pandemia in atto, il viaggiatore non possa godere della prestazione acquistata.
Viene previsto quindi l’espresso richiamo al comma 5 dell’articolo suindicato che richiama la disciplina dettata all’articolo 41 d.l. 79/2011 (Codice del turismo) per cui “Il diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.
Si precisa anche che in queste ipotesi di sopravvenuta impossibilità “L’organizzatore
può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti […], oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante”.
Affermando ciò, gli interpreti hanno instaurato un’accesa battaglia interpretativa in quanto c’è chi ha scelto di dare un’interpretazione letterale alla norma ritenendo quindi che è in capo all’organizzatore del viaggio decidere le modalità di rimborso. Facile immaginare, come di fatto sta accadendo, che stante la crisi legata alla situazione attuale, l’imprenditore difficilmente provvederà a restituire quanto corrisposto dal consumatore, preferendo pertanto rimedi alternativi.
Questo d.l., però, non dovrebbe essere interpretato come un atto a sé stante ma ben dovrebbe ricomprendere la normativa in vigore, facendo riferimento anche al diritto sovranazionale, in buona sostanza, sarebbe necessario determinare un significato che non vada a scontrarsi anche con la normativa europea.
Difatti, l’articolo 41 del d.lgs. 79/2011 afferma che “Qualora il viaggio divenga impossibile per causa non imputabile al viaggiatore, può dall’organizzatore la restituzione delle somme già corrisposte in esecuzione del contratto, senza che possa essergli imposta l’accettazione di un ristoro alternativo, unilateralmente individuato in modo discrezionale dall’altro contraente”.
QUALI CONCLUSIONI POSSIBILI?
Il giudice italiano che mai si dovesse trovare a decidere una situazione simile, sicuramente avrebbe il dovere di dare un’interpretazione dell’articolo 28 comma 5 d.l. 9/2020 conforme al dettato dell’Unione Europea, riconoscendo pertanto il diritto al viaggiatore di recedere dal contratto e, qualora quest’ultimo richiedesse la restituzione di quanto già pagato, condannerebbe l’organizzatore del viaggio alla restituzione di dette somme.
Dott.ssa Debora Moda
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