Chirurgia genitale maschile, i pro e i contro
Ricorrere al bisturi per risolvere problemi ‘intimi’ maschili, non assicura automaticamente la felicità sessuale . “La chirurgia genitale non è uguale agli altri tipi di chirurgia, in quanto ha un impatto diretto e determinante sulla sessualità. I riflessi psicologici individuali possono influenzare molto il risultato di un intervento di questo tipo”. A sottolinearlo è il sessuologo Franco Avenia, vicepresidente della Fiss (Federazione italiana di sessuologia scientifica) che, sugli “aspetti psico-sessuologici del paziente da sottoporre a chirurgia genitale”, tiene nel pomeriggio una lettura al XII Congresso nazionale della Società italiana di chirurgia genitale maschile, a Bologna da oggi al 3 dicembre.
Ad esempio, secondo uno studio del 2005 che ha valutato oltre 2.000 interventi di inserimento di protesi al pene, “se l’efficacia risulta molto alta, ben il 97%, grazie alla qualità delle tecniche chirurgiche e delle protesi, la percezione del miglioramento della qualità di vita varia dallo 0% al 95%”.
“Ecco perché è importante – sottolinea l’esperto all’AdnKronos Salute – conoscere i motivi soggettivi d’insoddisfazione che possono insorgere dopo la chirurgia genitale”. Perché anche se l’intervento riesce perfettamente, non è detto che l’uomo superi automaticamente il problema che l’ha portato a ricorrere al bisturi.
E’ questione, innanzitutto, di aspettative. “Uno dei principali motivi d’insoddisfazione – spiega Avenia – è costituito dalla non realizzazione delle aspettative, che possono essere sovradimensionate o distorte perché non chiarite bene prima dell’intervento. Una protesi del pene, per esempio, non è una capsula dentaria: chiarire bene prima a cosa si va incontro dopo l’intervento è la chiave per fare in modo che l’uomo recuperi la propria soddisfazione sessuale”.
Non solo. A volte è il paziente a mettersi di traverso: “La non accettazione della guarigione è un altro caso ed è anche abbastanza frequente – riferisce il sessuologo – La perdita del ruolo del malato corrisponde spesso a una perdita di potere o di centralità nella coppia o nella famiglia. Ciò può provocare uno spostamento del sintomo, solitamente di carattere sessuale, o addirittura la sua ‘conservazione’. In pratica si verifica una dinamica intrapsichica, per cui il sintomo viene considerato una punizione per una colpa commessa, per esempio tradimento, rapporti omosessuali o a pagamento, e il paziente pensa di meritare tale punizione anche dopo la chirurgia, che invece il problema fisico l’ha risolto”.
O ancora, può verificarsi la “sindrome del ‘pene rattoppato’. La chirurgia genitale tende a ripristinare la funzione, modificando necessariamente l’anatomia che non può essere più quella di prima – spiega Avenia – Vedersi ‘diverso’ rispetto a prima allontana erroneamente l’uomo dall’idea di guarigione”. Altro caso è il “‘Recurvatum mentis’, ovvero un soggetto operato per incurvamento penieno congenito che dopo l’intervento, pur constatando che il suo pene è divenuto dritto, può seguitare a percepirlo ricurvo. Il suo schema corporeo si è come cristallizzato, non riesce ad adeguarsi alla nuova anatomia. E’ la stessa resistenza al cambiamento che si manifesta negli anoressici, che continuano a percepirsi sovrappeso”.
Caso “più complesso, ma non meno frequente – elenca ancora Avenia – è quello della disfunzione erettile ‘fantasma’. Anche dopo l’intervento, nonostante sia stata ripristinata la corretta anatomia, può accadere che l’uomo continui a lamentare disfunzione erettile, pur non avendo più impedimenti organici”. Si verifica un autoinganno, “un fenomeno molto simile a quello dell’arto fantasma, descritto per la prima volta nel 1500, in cui dopo l’amputazione si continua a sentire l’arto prudere o fare male, esattamente come prima dell’intervento chirurgico”.
Così, come il cervello non dimentica arti amputati anche anni prima, “il pene malformato può non essere dimenticato dopo la correzione chirurgica. Allo stessi modo, per molte persone con fimosi congenite – una strozzatura della pelle del prepuzio che non consente di scoprire il glande e porta a perdere l’erezione dolorosa a causa della trazione dolorosa della pelle – dopo la correzione chirurgica è possibile che l’erezione seguiti a bloccarsi allo stesso punto, anche senza dolore. Il cervello non ha dimenticato”, avverte l’esperto.
“Per il successo di un intervento di chirurgia genitale non basta un bravo chirurgo. Serve anche un bravo paziente – conclude con una battuta – oppure un buon sessuologo se il paziente presenta dinamiche e comportamenti problematici. L’obiettivo finale non è solo che l’uomo ripristini la propria funzionalità ed autonomia, ma che torni a una vita sessuale soddisfacente”. Fonte: adnkronos.com
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