“The King’s Man – Le origini”: la recensione di CronacaTorino
Il 2022 ha finalmente portato nelle sale l’atteso “The King’s Man – Le origini” dopo i ritardi causati dalla pandemia.
Il film si apre in Sud Africa dove, agli inizi del ‘900, è in corso la guerra tra l’Impero britannico e i boeri. Orlando Oxford (Ralph Fiennes), accompagnato dalla moglie Emily e dal figlio Conrad, arriva in un campo di concentramento per parlare con il Generale Kitchener (Charles Dance) e per portare medicinali dalla Croce Rossa.
Quella che doveva essere una visita segreta si trasforma però in una imboscata da parte di cecchini boeri. Orlando viene colpito alla gamba ed Emily, nel tentativo di proteggere il figlio, viene ferita a morte. Oxford promette alla moglie morente di tenere il figlio al sicuro da un mondo ormai colmo di pericoli e di violenza.
Dodici anni dopo il mondo è nuovamente una polveriera pronta a esplodere. Un misterioso “Pastore”, circondato da fedeli affiliati in tutte le nazioni del mondo, tra cui Rasputin (Rhys Ifans), Gavrilo Princip (Joel Basman), Mata Hari (Valerie Pachner) ed Erik Jan Hanussen (Daniel Bruhl), trama per vedere il mondo e l’aristocrazia in ginocchio.
Orlando Oxford, pur apparendo pubblicamente come una persona disinteressata alle sorti del mondo, segretamente con l’aiuto del tuttofare Shola (Djimon Hounsou) e della tata Polly (Gemma Arterton) ha messo in piedi una rete di domestici/informatori in tutto il mondo con l’intento di raccogliere informazioni al fine di evitare lo scoppio dell’ennesima guerra.
Le macchinazioni del Pastore sortiscono tuttavia l’effetto sperato e scoppia la Prima Guerra Mondiale in Europa. Conrad (Harris Dickinson), nel frattempo cresciuto, vorrebbe arruolarsi e fare la sua parte per la patria, ma il padre non ha nessuna intenzione di assecondarlo e scoraggia anche qualsiasi dialogo tra il figlio, il Generale Kitchener e il Capitano Morton (Matthew Goode).
Orlando, per tenere Conrad lontano da quella che è una guerra mai vista prima, rompe il giuramento di non uccidere fatto quando aveva lasciato l’esercito e si reca in Russia con il figlio, Polly e Shola per fronteggiare Rasputin cercando di porre fine al conflitto.
La missione, pur riuscendo, non ferma i piani del Pastore che ha pronti altri suoi affiliati per soffiare sulle fiamme del conflitto. Conrad, divenuto nel frattempo maggiorenne, si arruola e parte per il fronte nonostante i tentativi del padre e di Re Giorgio V (Tom Hollander) di dissuaderlo riportandolo in Inghilterra.
La vita al fronte scorre tra esplosioni, proiettili e morte, ma allo stesso tempo le spie lavorano sullo sfondo per accelerare la fine della guerra portando nuovi alleati alla causa inglese. Qualsiasi vittoria, però, non avviene senza sacrificio e Orlando si troverà a pagare il prezzo più alto.
All’indomani della vittoria della guerra, per onorare l’ideale di una società più giusta e vigilare su un mondo ancora in tumulto dopo gli accordi di Versailles viene istituita una agenzia di spionaggio indipendente, The King’s Man, che si ispira alla Camelot di Re Artù anche per quanto riguarda i nomi dei suoi appartenenti.
Il film di Matthew Vaughn, pur distaccandosi dai film con Colin Firth e Taron Eggerton, si dimostra un eccellente prequel che tocca diverse tematiche e non risparmia critiche alla società europea dell’epoca.
Il tema è certamente più cupo e meno gioviale, ma non rinuncia a una ironia più sottile e british. I fatti storici realmente accaduti sono l’ispirazione per una storia che nel complesso risulta coinvolgente e verosimile nel suo sviluppo. Se le scene di guerra ricordano il “1917” di Sam Mendes e in parte il personaggio di Conrad è ispirato ai suoi due protagonisti, non vengono abbandonate, però, le scene di combattimento in sinergia con una colonna sonora praticamente perfetta.
Ralph Fiennes si conferma ancora una volta un attore poliedrico e versatile, ma soprattutto capace di calamitare l’attenzione degli spettatori per tutta la durata del film.
Straordinarie anche le interpretazioni di Tom Hollander che riesce nel difficile compito di impersonare e caratterizzare diversamente Re Giorgio V, Kaiser Guglielmo II e lo Zar Nicola II.
Djimon Hounsou è un’altra piacevole conferma di questa pellicola. Se, da un lato, lo si apprezzava già molto per le scene di azione, dall’altro qui si apprezza anche nelle scene più drammatiche mostrando un coinvolgimento genuino.
Gemma Arterton, uscita finalmente dall’ombra del ruolo di Bond Girl, è la voce della ragione che tiene unita la famiglia Oxford. Razionalità, ma anche sentimento fanno si che sia un personaggio fondamentale per la riuscita delle missioni.
Matthew Goode si dimostra un eccellente cattivo, seppur sfruttato troppo poco a livello di scenografia. Il Capitano Morton, però, lascia sempre il dubbio che qualcosa rimanga sempre celata, fino al gran finale.
Harris Dickinson, alla sua prima esperienza di spessore, è decisamente all’altezza del personaggio. La speranza è che questo film per lui rappresenti un trampolino per la carriera.
Il film permette inoltre di riscoprire la bellezza del nostro Piemonte con le splendide scene girate sul Lungo Po di Torino, che diventa Belgrado, e la Reggia di Venaria che diventa il palazzo degli Zar.
La nuova opera di Vaughn è un film piacevole da vedere e vale sicuramente il prezzo del biglietto. Viene premiata l’idea di portare in scena qualcosa di decisamente diverso dai due film che avevano reso celebre la saga e getta le basi per sviluppare ulteriormente il franchise di King’s Man.
PS. Attenzione alle scene post credit. Ci sarà da divertirsi nei prossimi film.
(Alessandro Gazzera – Antonella Mastria)