Intervista a Cristiano Denanni: conosciamo meglio il noto fotografo, influencer e travel blogger di Torino
Chi è Cristiano Denanni
Fotografo di Torino e autore, specializzato in reportage di viaggio, servizi matrimoniali e ritrattistica. Si occupa di scrittura nella sezione di scritti di viaggio de Il Fatto Quotidiano, ma anche di narrativa per Nazione Indiana (sito di letteratura) e per altre riviste cartacee.
Ha pubblicato anche un romanzo con Autori Riuniti, intitolato L’atlante dei destini.
Inizia come fotografo fin da giovane e come professionista a tempo pieno dal 2005, a Torino e nel resto del mondo, dato che i reportage di viaggio lo possono condurre anche molto lontano.
Influencer su Instagram e travel blogger ormai sono un fenomeno di massa: la tecnica di scatto fotografico è importante per diventare influencer o serve altro?
Dal punto di vista fotografico, molto spesso gli influencer non sono rilevanti. Il motivo è semplice: nel momento in cui lo scopo è commerciale, non è necessario che le fotografie o i video siano “artistici” o innovativi, ma basta siano validi per trasmettere il messaggio che deve passare, ovvero che funzioni la comunicazione commerciale. Questo non significa che tutti siano pessimi fotografi, affatto, ma significa che la loro prima necessità non è quella. A meno che non siano influencer proprio nell’ambito della fotografia o del videomaking. In quest’ultimo caso, evidentemente, il discorso cambia. Il pubblico normalmente cerca la fotografia di impatto, come alcuni le definiscono usando uno slang molto particolare, si parla di fotografie “photoshoppate”, per cui poco veritiere ma molto accattivanti. Ovvero quel che si fa proprio per “convincere” il pubblico che quel luogo o quel prodotto sono straordinari.
Posso fare qui un’affermazione che appare provocatoria ma che in realtà è molto ovvia (non sono certo il primo a farlo notare, ma è stato detto da fotografi drasticamente più importanti e bravi di me, come ad esempio Sebastiao Salgado, forse il più grande fotografo di reportage sociale vicente): Instagram è uno dei luoghi (virtuali) meno adatti per la fotografia vera. Lo so, pare assurdo, visto che è il social delle immagini. Ma le immagini che vi si trovano, al 95%, sono “tirate” all’estremo e spesso artificiose, di grande effeto scenografico ma quasi sempre prive di “racconto”. Già, perché la fotografia, come tutti gli altri strumenti di comunicazione (o anche artistici) deve prima di tutto raccontare qualcosa. Lo scatto in sè, da solo, zeppo di colori contrastati e paesaggi mirabolanti, staccato da un contesto, non dice quasi mai nulla. Inoltre, lo sappiamo bene, su Instagram la dimensione delle immagini è minuscola, e non è certo in questo modo che si può godere di un servizio fotografico. Ecco perché la frase sopra appare provocatoria ma è semplicemente un… dato di fatto!
Cosa dovrebbe fare una persona comune per cominciare a fare foto più gradevoli da smartphone?
Gli smartphone di oggi, per quanto ogni modello diverso dall’altro, hanno aumentato e migliorato la qualità del comparto fotografico. Ovviamente non sono allo stesso livello delle macchine fotografiche dedicate, soprattutto quelle professionali, ma è possibile comunque, in molti casi, realizzare degli scatti più che dignitosi, piacevoli, e talvolta addirittura bellissimi. Difficile dare consigli generici, ma sicuramente vale il discorso, che vale anche per chi fotografa con una fotocamera, dell’esercizio. Ovvero fare tentativi, provare, scattare e scattare. Se non altro oggi non costa nulla, quello che non ci piace lo possiamo buttare. Bisogna cercare di entrare in sintonia col proprio smartphone e capire come funzionano le impostazioni, capire quali sono i pregi e i punti deboli, e adattare le caratteristiche (che come si diceva saranno differenti per ciascun modello) alle immagini che ci piacerebbe realizzare. Ad esempio, se a noi piacciono i grandi panorami ma il nostro smartphone non montalenti “grandangolari” sarà più difficile fare cose valide in quell’ambito. Altro esempio: se il nostro smartphone possiede una buona gestione degli ISO, ossia della luce anche in condizioni di penombra, potremmo sbizzarrirci in fotografie notturne, o in interni con poca luce ambiente, evitando il flash e realizzando così begli scatti “morbidi” e naturali.
Qual è il servizio fotografico più strano o particolare che le è capitato di realizzare?
Un servizio di qualche tempo fa. Venni contattato da una coppia. Fu un vero e proprio reportage che raccontava una giornata -e la relativa notte- di due persone.
La coppia in questione mi contattò e mi chiese di essere “l’occhio”, il testimone del loro amore, nella loro casa. Non fu per nulla semplice! Si rivelò anzi una piccola impresa realizzare il lavoro. Fin dal principio, ovvero da molto prima di “scattare”. Dopo essere stato contattato infatti, fu necessario prendersi del tempo, conoscersi, chiacchierare a lungo, durante una cena mi confidarono desideri e dubbi. Avevano avuto l’idea qualche settimana prima, anzi, per la verità una delle due ragazze voleva fare un regalo all’altra e aveva pensato a questo servizio particolare di cui avevano parlato. L’idea intrigava entrambe, e anche me, -sia in quanto fotografo, sia come persona-, era audace, intima, delicata, ma, proprio per questo, avevano bisogno di trovare qualcuno di cui fidarsi completamente. Se non avessero “sentito” rispetto totale, non se ne sarebbe fatto nulla. Era il patto di fronte al quale mi misero. La chiave di volta fu proprio quel parlarsi e conoscersi (per quanto possibile) prima di svolgere il lavoro. Era imprescindibile. Una coppia che ti chiede di essere una sorta di “mosca” che si intrufola nella loro casa ti sta domandando molto più di un servizio fotografico. Ti sta accordando una fiducia assoluta. E per farlo, come si diceva, ha bisogno di capire se tu sei la persona giusta. Non soltanto il fotografo adatto, per intenderci. Ecco perché più che di fotografia, durante quella cena e altre chiacchierate parlammo di noi, dei nostri gusti e delle nostre vite (per quanto si possa fare in così poco tempo). Per tentare di cogliere la persona (e l’animo) dietro al professionista, al fotografo. E, da parte mia, per tentare di cogliere chi stavo andando a sfiorare, a “toccare”, il carattere, le sensibilità, spigoli e insicurezze che, come tutti, anche loro avevano, e che durante la giornata e la nottata in questione saltarono fuori. Di sicuro moralmente, quanto tecnicamente, fu una prova importante, forte e sensibile, per tutti e tre. Fu anche quello un modo diverso di raccontare una storia. La fotografia del resto, come sostengo sempre, significa questo. Se ci si estranea da tale concetto, si rischia di perdere il filo del discorso, di realizzare lavori vuoti, magari esteticamente godibili, ma privi di peso, di contenuto. Il risultato ci piacque assai, lo reputo forte, tenero, ruvido, denso. Ecco, questo è stato il servizio fotografico più particolare, e in buona parte più stimolante che mi sia capitato di realizzare fino a ora.