Economia

Investire sul petrolio, ecco cosa attendersi dal 2018

Le attese degli investitori sul petrolio sono state soddisfatte. Gli auspici sul buon esito del 173mo meeting OPEC, chiusosi lo scorso 30 novembre a Vienna, hanno infatti dato alla luce l’accordo tra i produttori OPEC e quelli non OPEC (Russia in testa), in base al quale i tagli alla produzione da 1,8 milioni di barili verranno estesi al 31 dicembre 2018.

Come peraltro ricordatoci dal sito webeconomia, gli accordi sono stati preceduti il 28 novembre da un comitato tecnico congiunto dei Paesi OPEC e non OPEC, un gruppo di lavoro che ha preceduto la riunione vera e propria di qualche giorno dopo, e che aveva raccomandato l’estensione del programma di tagli fino alla fine del prossimo anno, ribadendo poi l’opzione di rivedere l’accordo nel meeting OPEC di maggio / giugno 2018.

Ad ogni modo, nel corso dell’evento c’è anche stato spazio per qualche novità. L’innovazione principale che è emersa dal meeting di Vienna è l’introduzione di un riferimento al controllo dei risultati dei tagli nella prossima riunione.

Rammentiamo inoltre come nel meeting mattutino, riservato ai soli membri del Cartello, i Ministri dell’energia dei Paesi OPEC si erano limitati a confermare l’allungamento dei tagli da 1,8 milioni di barili al giorno fino alla fine del 2018, e che solamente nella seconda sessione pomeridiana (cioè quella che è stata aperta anche ai membri esterni dell’OPEC, come la Russia) è emersa la volontà esplicita di introdurre un monitoraggio periodico dello stato del mercato.

L’impressione è dunque che a margine delle due riunioni, i produttori OPEC e non OPEC abbiano voluto lanciare al mercato un chiaro messaggio: quello di voler assecondare ove possibile i desideri degli stessi operatori di mercato, prolungando di altri nove mesi oltre la scadenza naturale di marzo 2018 i tagli alla produzione che nel recente passato hanno potuto sostenere il recupero delle quotazioni petrolifere nel corso dell’ultimo anno.

A questo punto, non ci rimane che cercare di comprendere in che modo si possa puntare sulla risorsa petrolifera nel 2018, al fine di comprendere come e in che direzione si possa entrare sull’asset.

Ebbene, a nostro giudizio i produttori faranno veramente di tutto per poter cercare di rispettare i tagli alla produzione, con impegno prioritario da parte di Arabia Saudita e Russia, probabilmente anche disponibili a farsi carico di una riduzione maggiore per poter compensare eventuali mancanze da parte di alcuni produttori meno attenti.

Un coinvolgimento prioritario che, peraltro, riteniamo non essere casuale. Entrambi i Paesi vedono buona parte delle proprie “fortune” di bilancio dipendere proprio dal petrolio, e l’avvicinarsi delle elezioni russe e delle quotazioni del fondo sovrano arabo sono elementi che spingeranno i produttori a fare di tutto per evitare shock sul mercato.

Il rischio principale è dunque rappresentato a quel che avverrà negli Stati Uniti, dove il business dello shale oil è oramai esploso, e le attività di estrazione continueranno a intensificarsi proprio in virtù dei livelli più elevati delle quotazioni di greggio, che hanno amplificato la convenienza a compiere simili attività, turbando a livello potenziale il tentativo di raggiungere un equilibrio duraturo.

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