Bambini adottati Congo, la storia di Julien e della sua nuova famiglia ad Airasca
Un’odissea che termina con un lieto fine. Sono arrivati in Italia ieri mattina i i 31 bambini del Congo, adottati da famiglie italiane, per mesi bloccati da problemi burocratici in Africa. A “riportarli a casa”, così come ha sottolineato il premier Matteo Renzi, un aereo militare con a bordo il ministro Maria Elena Boschi.
Tra i genitori che hanno vissuto questa interminabile attesa anche Corrado e Paola Nota, di Airasca, che volevano tornare a casa per Natale con il loro piccolo Julien, di 7 anni. Ma quando a novembre sono partiti alla volta di Kinshasha, la capitale dello stato africano, dove avrebbero dovuto finalmente accogliere nella loro famiglia il bambino, è successo l’inimmaginabile. Bambino adottato con una lunghissima procedura, durata due anni. La coppia ha già un altro bimbo di 10 anni, anche lui adottato, ma in Italia.
Assieme a loro altre 23 coppie italiane avevano scelto di prendere con sè un bimbo nello stato centrafricano e avevano ricevuto la comunicazione del buon esito della loro richiesta, seguita anche dalla commissione adozioni internazionali, di cui era presidente l’allora l’ex ministro per le pari opportunità Cecile Kyenge.
Poi la decisione del governo congolese di interrompere le adozioni internazionali con un espediente molto semplice: quello di non concede ai bambini già ufficialmente adottati, il visto per lasciare il paese. Il motivo, pare, era che le autorità congolesi volessero bloccare eventuali interessi della criminalità che spesso stanno dietro alle adozioni. Alcuni piccoli sarebbero stati abbandonati dai genitori adottivi o addirittura “venduti”. Cosa che ovviamente non riguardava le famiglie italiane, che però dal 18 novembre scorso si sono trovate bloccate in Congo senza la possibilità di rientrare in Italia.
In un primo momento era stato proposto loro di ripartire senza i bambini. Cosa che avevano fermamente rifiutato, salvo poi dover comunque rientrare in Italia, visto che la situazione non si sbloccava. L’ambasciatore italiano a Kinshasha aveva anche incontrato le famiglie, raccogliendo la loro delusione. Nel frattempo, però, il processo di adozione era andato avanti, con il piccolo Julien che aveva cominciato a legare con il loro primogenito, partito anche lui con i genitori.
Poi, nei giorni successivi, l’escalation di violenze nella capitale africana. Le sparatorie, le vittime, le rivolte, con l’occupazione la tv di stato e la notizia che le adozioni sarebbero state bloccate fino al prossimo autunno. Infine, nei giorni scorsi, lo sblocco della situazione e la possibilità per le famiglie di ricongiungersi con i loro bambini, che da ieri iniziano una nuova vita.
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Massimiliano Rambaldi
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