I partner del progetto europeo Waterwise si riuniscono ad Avigliana

14 milioni di persone e migliaia di specie animali e vegetali nelle Alpi sono potenzialmente colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici: Waterwise studia la vulnerabilità delle acque per testare strategie di adattamento e conservazione degli ecosistemi.
Il progetto Waterwise, cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma Interreg Alpine Space, celebra il suo primo anno di attività e l’obiettivo previsto di co-progettare, con le comunità alpine, strategie di gestione idrica resilienti e sostenibili per 8 siti pilota in 6 Paesi diversi si avvicina di giorno in giorno.
150 campioni d’acqua raccolti durante una campagna di lavoro sul campo primaverile, 24 sensori di raccolta dati a basso costo consegnati a 15 siti per essere installati in corsi d’acqua, e 80 stakeholder, rappresentanti di diversi interessi locali, coinvolti per condividere la loro percezione sulla gestione delle risorse idriche, tracceranno un quadro delle esigenze delle comunità alpine in questo periodo di crisi climatica.
Nelle Alpi l’aumento delle temperature e gli eventi meteorologici estremi minacciano i corsi d’acqua e le falde acquifere. Nell’ultimo secolo, un aumento di +2 °C è stato registrato per le temperature medie annuali, seguito da gravi conseguenze quali la riduzione degli habitat di fauna e flora, variazione della disponibilità idrica (inclusa la neve), aumento del pericolo e dell’imprevedibilità delle minacce naturali.
14 milioni di persone vivono nel territorio alpino e sono potenzialmente interessate dagli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque di alta quota. Ciò solleva interrogativi sull’uso dell’acqua e su come renderlo più sostenibile sia per le attività antropiche sia per la biodiversità, che qui è straordinariamente ricca, con oltre migliaia di specie animali e vegetali.
Nelle aree sciistiche, fino al 30% del consumo idrico umano viene utilizzato per l’innevamento artificiale (Teich, 2007): il restante 70% deve essere suddiviso tra acqua potabile, agricoltura, industrie, produzione di energia idroelettrica. Anche gli ecosistemi alpini, con la loro straordinaria varietà e biodiversità sono sotto pressione e soffrono di una diminuzione della disponibilità idrica. È quindi necessaria una gestione più sostenibile dell’acqua per preservare sia la connettività ecologica che la resilienza delle attività socioeconomiche.
Nonostante il problema della disponibilità idrica sia sempre più in evidenza, non esiste una consapevolezza comune dell’importanza delle acque d’alta quota e delle falde acquifere in tutto lo spazio alpino. Pertanto, l’obiettivo finale del progetto è quello di fornire ai comuni, ai gestori di aree protette o agli amministratori locali linee guida, sviluppate a partire da diverse informazioni ed esperienze, per valutare la vulnerabilità idrica delle aree alpine nei confronti dei cambiamenti climatici e orientare la progettazione di strategie di gestione dell’acqua maggiormente adattate al cambiamento climatico.
Nei giorni scorsi il partenariato si è riunito ad Avigliana (TO) in un incontro organizzato da Legambiente Piemonte e Val d’Aosta, per parlare di quanto è stato fatto fino ad ora e dei prossimi passi. Questo primo anno – Waterwise è stato lanciato a settembre 2024 – è stato dedicato allo sviluppo della metodologia: era importante stabilire un protocollo che aiutasse a raccogliere, organizzare e visualizzare dati su idrologia, geochimica, biodiversità e situazione socioeconomica in ciascuna delle aree studiate. Solo una visione d’insieme approfondita, fornita da un team multidisciplinare, potrà dare un quadro completo della situazione idrica di un bacino di interesse.
“Il partenariato riunisce iniziative interdisciplinari per promuovere l’aumento collettivo delle conoscenze sulle sorgenti”, afferma Clément Roques, professore ordinario presso l’Università di Neuchâtel e coordinatore scientifico del progetto. “Waterwise si propone di sviluppare una visione armonizzata a livello interdisciplinare per valutare la vulnerabilità delle acque montane, orientare una gestione idrica resiliente e la salvaguardia degli ecosistemi; per questo, abbiamo bisogno di dati e conoscenze provenienti dalle comunità locali”.
Monica Tolotti, della Fondazione Edmund Mach, co-responsabile del progetto: “Stiamo ora avviando una nuova fase del progetto, in cui collaboreremo con i decisori politici per fornire loro linee guida su come includere le acque di alta quota nei loro piani di gestione e su come rendere tali piani in grado di aumentare l’adattamento delle risorse idriche alpine ai cambiamenti climatici e socioeconomici in atto. È importante che le linee guida che proponiamo rispondano sia alle esigenze delle comunità locali sia alle più recenti direttive europee o nazionali, e gli amministratori locali o regionali devono essere maggiormente coinvolti nel loro sviluppo”.
Il partenariato è riuscito ad affrontare questa sfida svolgendo attività sul campo, fornendo sensori per la raccolta di informazioni idrologiche e geochimiche e stimolando il dibattito tra le parti interessate, coordinando l’armonizzazione dei dati esistenti e la raccolta di nuovi.
La raccolta dati in situ è iniziata la scorsa primavera, con la fornitura di 24 sensori a basso costo, denominati Smart Rocks, a tutti i 15 siti di studio. Gli Smart Rocks consentono misurazioni continue delle proprietà dell’acqua e i dati sono stati raccolti anche tramite iniziative di citizen science. Queste informazioni gettano le basi per la stesura di un protocollo per la valutazione della vulnerabilità delle sorgenti, poiché forniscono una soluzione conveniente per monitorare i parametri relativi all’acqua su larga scala regionale.
Anche la qualità delle acque sorgive e dei corsi d’acqua mostra segni di degrado, pertanto è stata avviata una campagna di campionamento tra l’inizio e la fine dell’estate. I partner del progetto hanno raccolto oltre 150 campioni d’acqua. Analizzando specifici parametri chimici, la qualità dell’acqua nei siti pilota può essere valutata e utilizzata come indicatore per la valutazione della vulnerabilità.
Parallelamente, sono stati organizzati 8 workshop – uno in ogni sito pilota delle Alpi – per avviare un dibattito trasparente e costruttivo tra gli stakeholder locali, ognuno con interessi e percezioni diversi. È stato un passo importante per comprendere le sfide locali relative alle risorse idriche presenti e future, al fine di iniziare a sviluppare soluzioni su misura per strategie di gestione idrica resiliente. In totale, circa 80 persone sono state intervistate e hanno partecipato ai workshop. Un secondo ciclo di workshop si terrà la prossima primavera per iniziare a testare e convalidare lo strumento.
Il 100% degli intervistati si è trovato d’accordo nel dire che la crisi climatica porterà dei grandi cambiamenti, ma è diversa la loro percezione del loro possibile impatto. Il 70-80% degli stakeholder ha concordato sul fatto che il turismo rimarrà stabile o addirittura aumenterà nonostante l’impatto del cambiamento climatico sull’area alpina.
Un’affermazione confermata dai dati in alcuni dei siti pilota di Waterwise, dove il turismo è uno dei principali settori economici. Nella regione tedesca di Garmisch-Partenkirchen, il numero di visitatori nella Partnachklamm, un monumento naturale, è più che raddoppiato tra il 2010 e il 2023 (240.000-490.000), secondo i dati condivisi dalla stessa amministrazione del sito.
Analogamente, in Val di Fiemme e Val di Cembra, in Trentino-Alto Adige, le strutture ricettive hanno registrato un trend in crescita dei soggiorni di oltre il 25% dal 2010 al 2024 (ISTAT – ISPAT, Istituto di statistica della provincia di Trento). Anche se sciare, una delle attività più popolari sulle Alpi, sarà sempre più difficile in futuro, la percezione di chi è stato intervistato nei workshop è che il turismo si adatterà e nuove attività si svolgeranno in montagna nel corso delle diverse stagioni.
Il progetto Waterwise aiuterà le comunità locali e i loro decisori politici ad avere un quadro di riferimento affinché il consumo idrico delle attività turistiche, e non solo, sia gestito in maniera sostenibile. Queste possibili soluzioni di gestione saranno basate su conoscenze scientifiche e locali, adattate al bisogno della comunità. Ciò contribuirà a limitare i conflitti nell’uso dell’acqua sulle Alpi, promuovendo territori ed ecosistemi resilienti.
