Peter Pan alla Casa del Teatro
Peter Pan è la storia di un’assenza, di un vuoto che spesso rimane incolmabile, quello di un bambino che non c’è più. È l’inseguimento di un tempo perduto che sfugge al nostro controllo, delle esperienze che ci fanno crescere in fretta. Sabato 13 e domenica 14 aprile alle ore 16.30 alla Casa del Teatro.
L’ispirazione viene dalle avventure di Peter e Wendy e dall’atmosfera un po’ misteriosa del primo romanzo di James Matthew Barrie, Peter Pan nei Giardini di Kensington dove il sentimento autobiografico di una mancanza incolmabile spinge l’autore a creare un mondo parallelo, un giardino prima, un’isola poi, dove i bambini caduti dalle carrozzine e dimenticati dai propri genitori si ritrovano in uno spazio senza confini fisici e temporali.
E l’isola del mai più, Neverland, è forse dentro la testa di ogni bambino, un posto dove vanno a finire le cose dimenticate dai grandi, per cui non c’è spazio nella vita reale.
Dai 7 anni
Peter Pan secondo Tonio De Nitto
Sono sempre stato affascinato dalla figura di Peter pan e ho sempre pensato che dietro questa storia fantastica di avventura, volo e immaginazione ci fosse molto di più. Leggendo i vari romanzi in cui questa si svela e un bel po’ di altro materiale, ho scoperto innanzitutto che più che l’estrema vitalità dei personaggi, più di tutti è la morte ad aleggiare.
L’autore Barrie la conosce sin da molto piccolo quando perde il suo fratello maggiore e di conseguenza perde l’affetto di una madre che, lacerata dal dolore, non riesce a immaginare una vita senza questo figlio perduto.
E nonostante questo, è la presenza fortissima del fratello, da combattere forse per potersi emancipare e ritagliare una vita autentica senza questa continua ombra, a dare origine al personaggio di Peter pan.
E l’isola del mai più è questo non luogo che vive nel nostro immaginario, è l’isola della fantasia in cui ci rifugiamo, che esiste finché ci crediamo, finché continuiamo a pensare e giocare come i bambini e siamo convinti che la nostra stanzetta possa diventare una foresta, una tana, un luogo attraversato dagli indiani.
Fino a che lo vogliamo possiamo fare questo viaggio con Peter pan, andare e venire dall’isola, ma quando decidiamo di crescere e iniziamo ad essere attraversati da sensazioni e sentimenti a cui nemmeno sappiamo dare un nome, l’isola scompare.
Se invece accettiamo di crescere e allo stesso tempo non perdiamo di vista il bambino che è dentro di noi, l’isola rimane e la nostra finestra resterà sempre aperta ad accogliere Peter Pan e la nostra immaginazione. Con i miei attori e con l’aiuto delle parole di Riccardo Spagnulo ho cercato di restituire questo viaggio dentro Peter Pan, un bambino volato via troppo presto che quindi non può crescere e, allo stesso tempo, di raccontare il viaggio di una bambina, Wendy, che potendolo invece, decide di diventare grande.
Il videomapping e la forte componente musicale di Paolo Coletta assieme alle coreografie di Barbara Toma e alle mie ossessioni lo hanno reso un piccolo scrigno prezioso dove, senza paura, ancora una volta, accarezziamo la vita ma anche la morte che, come dice Peter, è una grande avventura.