Super brillamenti potenzialmente dannosi per gli esopianeti, il nuovo studio
In uno studio pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal, un gruppo di ricercatori, tra cui anche Isabella Pagano dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Catania, ha sfruttato il telescopio spaziale Hubble di NASA ed ESA nell’ambito del programma HAZMAT (HAbitable Zones and M dwarf Activity across Time) per studiare nell’ultravioletto i brillamenti provenienti da 12 stelle di tipo nana rossa e per capire come queste potenti emissioni di energia influenzino gli esopianeti presenti nelle loro zone abitabili.
“Con il telescopio spaziale Hubble stiamo conducendo uno studio mirato a capire come l’emissione di radiazione ultravioletta delle stelle nane rosse e la loro produzione di brillamenti cambino nel corso della loro vita. I risultati presentati in questo lavoro riguardano il gruppo più giovane delle stelle che stiamo studiando, quelle con età di solo 40 milioni di anni”, commenta Pagano. Ed è proprio questa l’età che hanno le stelle quando i pianeti di tipo terrestre si formano.
La nana rossa – o stella di classe M – è il tipo di stella più piccolo, più abbondante e più longevo della nostra galassia. I brillamenti prodotti dalle nane rosse sono particolarmente intensi nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto (UV), rispetto a quelli delle stelle simili al Sole, che è una stella nana gialla. La notevole sensibilità della strumentazione di Hubble nella banda dei raggi ultravioletti rende il telescopio spaziale di NASA ed ESA molto prezioso per osservare queste potenti emissioni. Si ritiene che i brillamenti siano alimentati da intensi campi magnetici che si intrecciano nell’atmosfera stellare. Quando il “groviglio” diventa troppo intenso, i campi si spezzano e si riconnettono, liberando enormi quantità di energia.
Pagano aggiunge: “I brillamenti osservati sono molto energetici, tra 100 e 1000 volte più energetici dei flare emessi da stelle meno giovani. In particolare, abbiamo avuto la fortuna di osservarne uno molto energetico, un vero super brillamento (superflare). Di questo abbiamo misurato con molta precisione l’energia totale emessa durante l’evento e la sua distribuzione energetica. I superflare sono di importanza fondamentale nello sviluppo e nell’evoluzione delle atmosfere dei pianeti.La radiazione ultravioletta infatti è in grado di scindere le molecole e di crearne di complesse. Le particelle energetiche emesse durante questi flare possono a loro volta modificare l’atmosfera planetaria e in certi casi eroderla”.
I pianeti che orbitano attorno alle loro stelle a una distanza in cui le temperature sono abbastanza moderate da permettere all’acqua di esistere in forma liquida sulla superficie sono quelli in cui gli astronomi ritengono si possa sviluppare la vita. E infatti definiscono “zona abitabile” la regione intorno alle stelle in cui queste condizioni si realizzano. Poiché tre quarti delle stelle nella nostra galassia sono nane rosse, la maggior parte dei pianeti nella “zona abitabile” della nostra galassia orbita attorno a queste stelle. Infatti, l’astro più vicino al nostro Sole, la nana rossa Proxima Centauri, ha un pianeta di dimensioni terrestri nella sua zona abitabile. Come mostra lo studio condotto con i dati raccolti da Hubble, le nane rosse – in particolare le più giovani – sono stelle molto attive, in grado di produrre brillamenti tanto energetici da poter strappare via letteralmente le atmosfere degli esopianeti nascenti.
Questi super brillamenti potrebbero investire i giovani pianeti con un flusso così elevato di radiazione ultravioletta da comprometterne per sempre le possibilità di essere abitabili. ln futuro James Webb Space Telescope e il telescopio spaziale Ariel saranno in grado di raccogliere biofirme dalle atmosfere dei pianeti in orbita attorno alle nane rosse. Conoscere i loro ambienti UV è fondamentale per interpretare quei dati.
L’articolo “HAZMAT. IV. Flares and Superflares on Young M Stars in the Far Ultraviolet” di R. O. Parke Loyd, Evgenya L. Shkolnik, Adam C. Schneider, Travis S. Barman, Victoria S. Meadows, Isabella Pagano e Sarah Peacock è stato pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal.
Per ulteriori informazioni: Ufficio stampa INAF