Scienza e Tecnologia

L’eredità scientifica e tecnologica dell’esperimento Borexino

Dal perché le stelle e il Sole brillano alle tecnologie pioneristiche: in 32 anni di attività ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, l’esperimento Borexino ha raggiunto fondamentali risultati sia scientifici sia tecnologici che rappresentano un’importante eredità per gli esperimenti che studiano eventi rari o neutrini di energia molto bassa.

I principali risultati dell’esperimento sono raccolti in un articolo di review recentemente pubblicato sulla rivista “Annual Review of Nuclear and Particle Science” a firma di Gianpaolo Bellini, ricercatore INFN, professore emerito dell’Università degli Studi di Milano, che di Borexino è stato fondatore e a lungo portavoce unico.

Al cuore del progetto Borexino c’è un esperimento di ineguagliata sensibilità per lo studio dei neutrini di bassa energia e in 32 anni di attività (14 anni di presa dati, preceduti da un lungo lavoro di ricerca, progettazione, sviluppo e costruzione) è riuscito a misurare tutte le principali reazioni nucleari del Sole.

L’esperimento è così riuscito a trovare risposta a una delle domande che da sempre interessano l’umanità, “perché il Sole e le stelle brillano?”, e lo ha fatto misurando, nel 2014, i neutrini prodotti nella catena nucleare protone-protone che produce il 99% dell’energia del Sole, e osservando, nel 2020, i neutrini solari provenienti dal ciclo CNO (carbonio-azoto-ossigeno), che svolge un ruolo molto rilevante nelle stelle di grande massa.

Borexino non si è fermato qui: è anche riuscito a rivelare i geo-neutrini, ovvero antineutrini provenienti dall’interno della Terra e, grazie a queste osservazioni, è stato possibile ricavare una stima della radioattività del mantello terrestre e a conoscere quella della crosta terrestre.

Quella di Borexino è un’eredità, sia scientifica sia tecnica e tecnologica, che influirà in modo importante su tutti gli esperimenti che studiano eventi rari o neutrini di energia molto bassa”, spiega Gianpaolo Bellini. “Per esempio, per riuscire nei propri obiettivi scientifici, esperimenti per la ricerca della materia oscura o di fenomeni rarissimi, che sono in fase di realizzazione o anche già in presa dati, sono fortemente impegnati nel cercare di ottenere livelli di radiopurezza sempre maggiori: per farlo utilizzano tecniche derivanti in gran parte dall’esperienza di Borexino. E nulla di standard è stato utilizzato nella realizzazione di Borexino: tutti i componenti, dal più piccolo e sofisticato al più grande, sono stati studiati nel minimo dettaglio e sviluppati ad hoc”, conclude Bellini.

Borexino è, infatti, riuscito a ottenere i suoi straordinari risultati grazie a tecniche e metodi che gli hanno consentito di raggiungere livelli di radiopurezza senza precedenti. Basti pensare che la parte attiva del rivelatore, che ha permesso di osservare le interazioni di neutrini, il cosiddetto scintillatore, ha raggiunto in Borexino una radiopurezza pari a un nucleo radioattivo ogni dieci triliardi di nuclei non radioattivi.

Inoltre, l’esperimento era costituito da sensibilissimi occhi elettronici e da schermi che lo proteggevano dalle radiazioni naturali provenienti dalle rocce del laboratorio e dall’ambiente sotterraneo. Infine, l’installazione nell’ambiente sotterraneo dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso ha permesso di proteggere l’esperimento dai raggi cosmici, radiazioni provenienti dell’universo, grazie ai 2000 metri di roccia sovrastante.

Ph ©INFN-LNGS

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