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Intervista a John Steel The Animals, una leggendaria storia di rock

john-steel-the-animals-storia-rockUna leggenda della batteria e del rock arriva su CronacaTorino per augurarvi un buon fine settimana: John Steel.
Batterista dei The Animals, band che ha affascinato il mondo con canzoni come “We Gotta Get Out Of This Place” e l’iconica “The House Of The Rising Sun”, a 81 anni continua a calcare i palchi di tutto il mondo con il progetto “Animals and Friends“. Una carriera pazzesca, ma che continua a emozionare. Ecco cosa ci ha raccontato:

Buongiorno John, come stai? Ci sono progetti per questa estate?
Sto bene grazie, appena superato un tocco di Covid 19 che ho preso nonostante quattro dosi di vaccino! La band è stata impegnata quest’anno con concerti nei Paesi Bassi, in Albania e nel Regno Unito. Dopo gli spettacoli, così tante persone volevano abbracci, selfie e strette di mano che era inevitabile prendere questo virus. Per ora, però, sono l’unico nella band.
Abbiamo un bel po’ di concerti in programma per i prossimi mesi in Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca e Regno Unito. Speriamo di suonare alcuni concerti in Italia questo autunno e poi faremo tre settimane in Australia tra ottobre e novembre.

Ti vediamo sempre sul palco e non molli mai alla batteria. C’è un segreto dietro questa eterna giovinezza?
Non so dell’eterna giovinezza, ma ho la fortuna di essere in forma e di stare bene. Mi diverto ancora a suonare in una band eccellente. Non mi drogo, ma mi piace il vino rosso la sera. Ho smesso di fumare 36 anni fa e credo che sia per questo che sono ancora vivo e vegeto oggi.

Come è nata la passione per la musica?
Ero il più giovane di quattro figli e c’era sempre qualcosa di nuovo sul giradischi. Il più grande dei miei fratelli mi ha fatto innamorate di musicisti jazz come Louis Armstrong e Fats Waller.
Nella mia prima adolescenza il primo successo rock di Bill Haley e The Comets ha aperto la strada a Elvis Presley, Buddy Holly, Little Richard, Chuck Berry, Fats Domino, Eddie Cochrane e tutti quei fantastici pionieri del rock.

Come hai cominciato a suonare?
Il legame con il jazz mi portò a suonare la tromba e quando incontrai Eric Burdon nel 1956 nacque un piccolo dixieland combo, ma cambiammo poi molto rapidamente direzione. Diventammo una band Rhythm and Blues con me alla batteria e da lì si arrivò ai The Animals.

Ancora oggi siete molto popolari in tutto il mondo. Che effetto fa continuare a sentire le vostre canzoni?
Alcune delle canzoni che abbiamo registrato negli anni ’60 sono amate da più generazioni. Canzoni come “We Gotta Get Out Of This Place”, “It’s My Life”, “Don’t Let Me Be Misunderstood” dicono tutte qualcosa in cui le persone possono identificarsi. E ovviamente “The House Of The Rising Sun” è un classico riconosciuto in tutto il mondo.

Negli anni sei diventato un punto di riferimento per i giovani musicisti. C’è qualche consiglio che vorresti dare a chi si avvicina al mondo della musica?
Il mio consiglio a tutti i giovani che vogliono avvicinarsi a una carriera nella musica è: Fallo per amore perché potresti non ottenere i soldi. Ci sono delle persone cattive là fuori che cercano sempre di rubarti qualcosa.

C’è qualcosa, nella tua carriera, che rifaresti in modo diverso?
Non credo, non ha senso desiderare di aver fatto questo invece di quello. Specie se non puoi cambiare le cose.

Il prossimo capitolo della tua carriera?
Solamente continuare a divertirmi con quello che faccio.

L’ultimo concerto torinese degli Animals è stato memorabile. Tu che ricordi hai delll’Italia?
Ospitalità incantevole e cordiale. Ottimo cibo e vino. Cosa c’è che non va in Italia.
(A.G.)

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