Operazione ‘ndrangheta Torino, presunto capo-cosca di Venaria, eseguiti 20 arresti
Sono 20 le persone indagate, a vario titolo, per associazione mafiosa in quanto appartenenti ad un sodalizio di matrice ‘ndranghetista, espressione in Piemonte di una nota cosca del crotonese, destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Torino
La struttura criminale, individuata e colpita dagli odierni provvedimenti, è da tempo operativa in Piemonte ed è stata denominata, seguendo il gergo delle organizzazioni calabresi, “’ndrina distaccata di San Mauro Marchesato”.
L’attività d’indagine ha consentito di comprendere come i vertici dell’’ndrina distaccata fossero in stretto collegamento con analoghe strutture ‘ndranghetiste insediate in Piemonte. Il sodalizio, dalle indagini, è risultato costantemente sottoposto alla supervisione del capo-cosca, un uomo presumibilmente residente a Venaria.
Tre anni di serrate indagini, caratterizzate da intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione controllo e pedinamento, anche mediante l’impiego di innovative tecnologie, e l’analisi incrociata dei flussi di denaro, hanno permesso di monitorare e ricostruire le dinamiche del sodalizio e di stabilirne forza ed operatività in terra piemontese. Le risultanze autonome raccolte dai Carabinieri del R.O.S. sono state poi di fatto confermate dalle dichiarazioni di numerosi Collaboratori di Giustizia.
I controlli telefonici ed i servizi di osservazione statici e dinamici effettuati hanno, sin da subito, evidenziato come i soggetti aderenti al sodalizio fossero legati da stretti vincoli di parentela e di comparaggio, oltre che compartecipi nella gestione di numerose realtà economiche, alcune direttamente riconducibili agli interessati ed altre fittiziamente intestate a terzi operanti a Torino e provincia. I prevenuti risultavano infatti operativi in società, collegate tra loro, operanti nel settore delle costruzioni, del movimento terra, della ristorazione, della vendita al dettaglio di generi alimentari e della compra-vendita di auto usate.
La caratura criminale del capo-cosca era già stata evidenziata nel corso di pregresse attività investigative condotte sin dalla metà degli anni ’90. La disamina degli atti giudiziari metteva peraltro in risalto i legami tra il gruppo “crotonese” stanziale ed operativo a Torino ed i vertici delle cosche sedenti in provincia di Crotone. La connotazione mafiosa del gruppo criminale è emersa altresì dal diffuso utilizzo del metodo intimidatorio quale mezzo per il conseguimento dei propri scopi, sia nelle attività apparentemente lecite sia nella commissione di delitti, in particolare estorsioni ed usura, che vedevano, tra gli autori, non solo aderenti al medesimo sodalizio, ma anche esponenti di altre entità criminali ‘ndranghetiste.
Le attività di indagine hanno permesso di accertare un’altra delle condotte tipiche delle associazioni mafiose sul territorio di aderenza ossia l’offerta di “protezione” ad esercenti ed imprenditori che vi si rivolgono per risolvere contrasti con persone giudicate pericolose o per scongiurare, rendendo nota la contiguità a tali famiglie, tentativi di estorsione o atti intimidatori.
L’organizzazione era armata e tendeva al continuo approvvigionamento di armi da fuoco, come emerso nel corso della trattativa per la compravendita di una pistola tra due soggetti, uno dei quali arrestato a seguito di un’ulteriore vendita di armi durante l’inchiesta. L’attività investigativa ha documentato la progressiva infiltrazione della cosca crotonese nel tessuto economico ed imprenditoriale della Provincia di Torino, anche attraverso il sistematico ricorso alle minacce ed alle intimidazioni di tipo mafioso.
Il gruppo criminale, molto attivo in campo imprenditoriale, si è interessato per l’acquisizione di commesse per lavori di movimento terra e per la realizzazione di opere pubbliche ed ha tentato, senza riuscirci, ad inserirsi nella filiera della tratta Alta Velocità T.A.V. Torino – Lione. Le cointeressenze riguardavano anche attività di gestione illecita di rifiuti speciali, compartecipazione in lavori di movimento terra, pulizia e sgombero neve acquisiti in subappalto o attraverso il sistema dei noli a caldo e a freddo da stazioni appaltanti pubbliche o concessionarie di servizi pubblici.
Le modalità utilizzate per acquisire commesse lavorative, che evidenziavano la commissione di condotte delittuose di diversa specie, estorsioni, intimidazioni, turbative d’asta, che permettevano così di assicurarsi l’aggiudicazione di lavori.
Il profilo apparentemente lecito assunto da altri fiancheggiatori, in virtù dell’attività imprenditoriale svolta nel settore delle costruzioni, ha permesso al gruppo criminale di interfacciarsi con soggetti appartenenti o contigui alle istituzioni ed in particolare agli ambienti giudiziari, al fine di acquisire notizie su eventuali attività investigative in corso. In tale quadro vanno letti i rapporti intrattenuti da membri del sodalizio, presumibilmente, con un ispettore della Polizia Municipale di Torino, già in servizio presso l’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Torino a cui venivano richieste informazioni provenienti dalle Banche Dati in uso alle forze dei polizia e con un investigatore privato al servizio della cosca, tratto in arresto per concorso esterno che, a sua volta, intratteneva rapporti con un carabiniere al fine ottenere informazioni riservate.
All’esito delle indagini, il GIP del Tribunale di Torino, oltre alle ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati, ha ordinato il sequestro di beni mobili, immobili, conto correnti e rapporti bancari, nonché al sequestro di 18 società, 145 immobili, 25 autovetture, 1 yacht e conti correnti per un valore stimato di oltre 15 milioni di euro.
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Massimiliano Rambaldi