Un mercoledì nero. L’ennesima giornata di passione di questi ultimi anni che colpisce l’Europa e che affossa Milano, con Piazza Affari che a fine giornata cede il 4,8%, e i titoli bancari del listino milanese, con Monte dei Paschi di Siena a guidare i ribassi. 2333 miliardi di euro persi solamente ieri, con il crollo del prezzo del petrolio, il timore per il rallentamento dell’economia globale a definire uno scenario macroeconomico non certamente positivo. In Italia preoccupa però il caso di Mps, arrivata a perdere il 22,2% nonostante il divieto di vendite allo scoperto imposto dalla Consob.
NON SI SALVA NESSUN LISTINO – Europa, ma anche Wall Street, Tokyo e il resto delle borse asiatiche. Ore di passione che non risparmiano nessun listino.
– Se in Europa è Milano a guidare i ribassi con un -4,8%, anche gli altri listini del Vecchio Continente sono letteralmente crollati andando a perdere il 3,45% a Parigi, il 2,82% a Francoforte e il 3,46% a Londra.
– Una discesa guidata dalla chiusura negativa delle borse asiatiche con Tokyo che ha chiuso con un -3,7%, arrivando a perdere il 13,75% dall’inizio dell’anno. In calo anche Hong Kong con un -3,82% e Shanghai che lascia sul terreno l’1,02%.
– Ribassi che hanno influenzato anche le aperture di ieri sera in America con il Dow Jones che ha aperto in territorio negativo dell’1,16%, il Nasdaq ha lasciato sul terreno l’1,56% e lo S&P 500 l’1,1%.
PETROLIO E CRISI CINESE: LE CAUSE MACROECONOMICHE – Il crollo del prezzo del petrolio e il costante rallentamento della crescita cinese. A livello globale, sono questi due temi macroeconomici a preoccupare maggiormente gli investitori. Due temi legati tra loro che rischiano di innescare un circolo vizioso da cui non sarà facile uscire.
– Il crollo del prezzo del petrolio costringe il Fondo monetario internazionale a rivedere al ribasso le stime di crescita dell’economia globale; e su questo rallentamento ha un impatto significativo la frenata della Cina che dopo un’espansione del 6,9% nel 2015, rallenterà la sua crescita al 6,3% nel 2016 e al 6% nel 2017. Valori assolutamente migliori di quelli a cui siamo abituati noi del Vecchio Continente, ma che rappresentano i tassi di crescita più bassi degli ultimi 25 anni per il Dragone.
– A braccetto con la minor crescita cinese, c’è il tema del prezzo del petrolio, da diverse settimane in picchiata con perdite giornaliere anche del 2-3%. Colpa di un inverno mite che ha fatto crollare la domanda e delle tensioni tra Iraq e Arabia Saudita, con il primo che aumenterà ulteriormente l’export, andando a rafforzare ulteriormente il già presente eccesso di offerta e spingendo ancora più al ribasso le quotazioni del greggio.
– E se l’Iraq, fresco vincitore nella fine delle sanzioni economiche, continuerà a piazzare il greggio a prezzi storicamente bassi, gli altri Paesi vicini non potranno che adeguarsi portando a un eccesso tale di offerta che, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, porterà il mondo “ad affogare nell’eccesso di offerta di greggio”.
DAL MACRO AL MICRO: LA CRISI DELLE OBBLIGAZIONI SUBORDINATE – E come spesso accade, le crisi macroeconomiche non fanno altro che acuire quelle tematiche microeconomiche che si sviluppano nei singoli stati. In Italia, seppur nelle ultime settimane l’argomento è finito un po’ in disparte, non può certo passare in secondo piano la crisi dei bond subordinati bancari.
– Dopo due mesi dalla risoluzione di Banca Etruria, Banca delle Marche, CariFerrara e CariChieti del 22 novembre scorso, ecco che i timori di una crisi dei bond subordinati si è avverata. E la testimonianza è il rendimento di un paniere degli stessi che se il 14 dicembre – secondo rilevazione Skipper Informatica – offriva il 4,684%, ora rende fino al 6,18%.
– E non può certo passare inosservato che tutte le emissioni subordinate quotate che presentano rendimenti a doppia cifra fanno capo proprio al Monte dei Paschi di Siena, oltre che a Carige e Banca Popolare di Vicenza.
– Un’indicazione fin troppo chiara per il mercato dove vige una fase di elevatissima avversione al rischio che porta alcuni emittenti a fuggire rapidamente da questi istituti e non da altri che, seppur con chiusure in calo, vedono le loro giornate guidate da “ragionevoli ribassi”.
ECCO SPIEGATO IL CAOS MPS – Aspetti, quelli spiegati nel precedente paragrafo, che non possono che spiegare la crisi che sta vivendo Mps che dal luglio del 2015, ossia da quando il Ftse-Mib ha riagganciato la soglia dei 24mila punti che non si vedeva dal crac di Lehman Brothers del settembre 2008, la performance peggiore è proprio quella di Mps che ha perso il 65% della sua capitalizzazione.
– E dopo l’istituto senese, che capitalizza ormai 2 miliardi di euro, troviamo Banca Carige, altra sorvegliata speciale della Bce. Il gruppo genovese, in cerca di un partner che possa dare stabilità, ha dimezzato il proprio valore arrivando a capitalizzare circa 660 milioni di euro.
– Una crisi guidata dai crediti deteriorati e in sofferenza rimasti in “pancia” a questi istituti di credito. Mps ne ha a bilancio 24 miliardi di euro e a poco è servita la vendita di un miliardo di euro di tali titoli. Una piccola boccata d’ossigeno, nulla più.
LA SOLUZIONE? LA BAD BANK – Sono in molti gli analisti a credere che una soluzione di questo tipo si possa risolvere unicamente con la creazione di una bad bank, ossia un istituto pubblico in cui far convogliare tutti i crediti deteriorati e in sofferenza al fine di alleggerire la patrimonializzazione della banca, ridando fiato alla sua gestione operativa.
– Ma per questo serve una soluzione europea e, anche in questo caso, gli occhi sono tutti rivolti verso Mario Draghi che già nella riunione di oggi potrebbe delineare meglio il quadro su una possibile risoluzione di questo tipo.
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Matteo Torti