Vladimir Jurowski e la Bayerisches Staatsorchester chiudono la Stagione di Lingotto Musica
È la solennità eroica e trionfale della tradizione romantica tedesca affidata all’estro di Vladimir Jurowski e della Bayerisches Staatsorchester al centro del concerto che giovedì 30 maggio alle 20.30, all’Auditorium “Giovanni Agnelli”, chiude la Stagione 2023-2024 di Lingotto Musica.
L’appuntamento, che corona le celebrazioni per il trentesimo anniversario dei Concerti del Lingotto, unisce la più antica orchestra di Monaco di Baviera, universalmente riconosciuta da mezzo millennio tanto in sede operistica quanto in sala da concerto, e il maestro russo naturalizzato tedesco che nel 2021 è succeduto a Kirill Petrenko come direttore musicale generale della Bayerische Staatsoper.
Vladimir Jurowski, che ha debuttato al Lingotto nel 2006 sul podio della Russian National Orchestra, è tornato altre due volte in cartellone con la Chamber Orchestra of Europe nel 2010 e la London Philharmonic nel 2018. L’impaginato della serata, che offre uno spaccato della Germania vitalistica ottocentesca in armonia con il fiorire della coscienza nazionale, traccia un ponte fra l’Ouverture da Oberon di Weber e la Terza Sinfonia «Renana» di Schumann passando per il Quinto Concerto «Imperatore» di Beethoven, affidato a un pianista di grande intelligenza e versatilità come il russo Alexander Melnikov, già ospite a Lingotto Musica nel 2004 e nel 2017.
Bacchetta fra le più ricercate e dinamiche della sua generazione, Vladimir Jurowski è apprezzato per la capacità di concentrazione e visione artistica. Nato a Mosca nel 1972, città dove ha iniziato la sua formazione musicale prima di trasferirsi con la famiglia in Germania nel 1990, ha proseguito gli studi a Dresda e Berlino. Nel 1995 ha debuttato come direttore d’opera al Wexford Festival Opera con Notte di maggio di Rimskij-Korsakov e alla Royal Opera House di Londra con Nabucco di Verdi.
Da allora Vladimir Jurowski si è esibito nei maggiori teatri e nelle rassegne più rinomate: Metropolitan di New York, Opéra de Paris, Teatro alla Scala di Milano, Teatro Bol’šoj di Mosca, Semperoper di Dresda, Festival di Salisburgo. Già direttore principale della Komische Oper di Berlino dal 1997 al 2001, direttore musicale del Glyndebourne Festival Opera dal 2001 al 2013 e direttore principale della London Philharmonic – dove conserva la carica di direttore emerito – dal 2007 al 2021, dal 2017 è anche direttore principale e direttore artistico della Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin e “Artista principale” dell’Orchestra of the Age of Enlightenment. In veste di direttore ospite, è apparso con i Berliner e i Wiener Philharmoniker, la Gewandhausorchester di Lipsia, la Sächsische Staatskapelle di Dresda, la Tonhalle-Orchester di Zurigo, la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, la New York Philharmonic e la Chicago Symphony Orchestra.
Composta da 144 strumentisti provenienti da 24 nazioni, la Bayerisches Staatsorchester è la formazione residente della Bayerische Staatsoper di Monaco. Erede dell’Orchestra del Teatro di Corte cittadino, le sue origini risalgono al 1523 e il primo a dirigerla fu il compositore fiammingo Orlando di Lasso a partire dal 1563. Fulcro iniziale della sua attività era la musica sacra, ma fra Sei e Settecento spettacoli operistici e concerti sinfonici si aggiunsero regolarmente al repertorio.
La gloriosa tradizione lirica della compagine bavarese annovera importanti prime esecuzioni assolute, da La finta giardiniera (1775) e Idomeneo (1781) di Mozart ai capolavori del teatro wagneriano Tristan und Isolde (1865), Die Meistersinger von Nürnberg (1868), Das Rheingold (1869) e Die Walküre (1870). Molte delle personalità musicali più significative del loro tempo si sono susseguite in veste di direttori principali: Richard Strauss, Hermann Levi, Felix Mottl, Bruno Walter, Hans Knappertsbusch, Sir Georg Solti, Joseph Keilberth, Wolfgang Sawallisch, Zubin Mehta, Kent Nagano e Kirill Petrenko.
Apre il programma l’Ouverture dall’opera romantica in tre atti Oberon che Carl Maria von Weber scrisse per il Covent Garden di Londra nel 1826, sulla soglia della morte. Tratto dall’omonimo poema di Wieland (1780), in cui le suggestioni della poesia cavalleresca medievale, dell’esotismo delle Mille e una notte e di A Midsummer Night’s Dream di Shakespeare sono raccolte con elegante levità, Oberon raduna quei tratti fantastici e leggendari grazie ai quali Weber fondò la nuova tradizione nazionale dell’opera tedesca.
Segue il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in mi bemolle maggiore op. 73 composto da Ludwig van Beethoven nel 1809 con dedica all’arciduca Rodolfo. Ultimo lavoro di tutta la produzione beethoveniana per strumenti solisti e orchestra, costituisce il risultato più ambizioso e avveniristico dell’autore in questo campo. Il sottotitolo «Imperatore» non è originale e fu attribuito all’opera per l’intonazione sontuosa e marziale che la caratterizza.
A eseguirlo è il pianista russo Alexander Melnikov, specialista di questo repertorio che dimostra da tempo grande interesse per la prassi esecutiva filologica. Vincitore di numerosi concorsi internazionali quali il Robert Schumann Competition di Zwickau (1989) e il Concours Musical Reine Elisabeth di Bruxelles (1991), si è esibito in veste di solista con prestigiose formazioni come la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, la Gewandhausorchester di Lipsia e la Philadelphia Orchestra. Il suo magistrale viaggio nei 24 Preludi e Fughe op. 87 di Šostakovič (2010) è stato acclamato dal BBC Music Magazine come «una delle cinquanta migliori registrazioni di sempre» e ha ricevuto il BBC Music Magazine Award, lo Choc di Classica e lo Jahrespreis der Deutschen Schallplattenkritik.
Chiude la serata la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 detta «Renana», la più vitale delle quattro composte da Robert Schumann. La pagina, che appartiene all’ultima fase della sua produzione, si colloca nel momento di felice energia creativa che seguì il trasferimento a Düsseldorf. Il sottotitolo, che pure non va inteso in senso programmatico, rimanda al germanesimo di Schumann, in particolare al culto del “padre Reno”, luogo emblematico per la civiltà tedesca.
Ph Alberto Panzani