“Distorsione di un discorso amoroso” sul palco dello Spazio Kairos
Due coinquilini quasi trentenni, specchio di una generazione illusa, ironicamente incosciente, costretti a confrontarsi con le gioie e le difficoltà che questo momento cruciale la loro vita regala loro, oggi, in Italia. E’ una commedia romantica quella proposta sabato 23 marzo alle 21 sul palco dello Spazio Kairos, via Mottalciata 7: per la stagione “Riflessi” organizzata da Onda Larsen, viene proposto “Qualcosa a cui pensare – Distorsione di un discorso amoroso” della compagnia Chronos3 di Brescia. Scritto da Emanuele Aldrovandi, per la regia di Vittorio Borsari, con Roberta Lidia De Stefano e Tomas Leardini, è stato realizzato con il contributo del Bando Giovani Direzioni– Centro Teatrale MaMiMò ed è stato selezionato da NEXT Regione Lombardia.
Sulla scena Jeer e Plinn (Giacomo e Paola) per un’opera ironica e appassionata, più simile a un ricordo o a un sogno: è il piccolo ritratto di una generazione che vuole cambiare pelle e trovare una propria identità da proiettare nel futuro.Un gioco raffinato di seduzione che inserisce i due giovani all’interno delle più tradizionali dinamiche di coppia e che produce immediata empatia tra i personaggi e il pubblico.
«“Qualcosa a cui pensare” è un appuntamento con se stessi, con la generazione degli anni Novanta cresciuta a pane e Super Mario Bros, con la necessità di cambiare, consapevoli che non si può rimanere uguali e indifferenti dinanzi ai disastri, ai mutamenti del mondo e alla propria età che cambia, senza riuscire a capire, però, cosa essere, cosa diventare» spiegano dalla Compagnia Chronos3.
“Distorsione di un discorso amoroso” nel dettaglio
“….Il problema. Il problema. Come faremo a cambiare il mondo, a guardare avanti, a uscire da questa impasse che io mi sento addosso da quando sono nato, e che vedo anche addosso ai miei amici, alle mie amiche, ai miei compagni di università, a te, come faremo a prendere in mano la nostra vita, qualunque cosa essa sia, come faremo a fecondare il futuro, se… se non siamo neanche in grado di riuscire a fecondarci a vicenda?”
In un’epoca di crisi globale e identitaria, di terrorismo e instabilità politica come si può venirne a capo? Come si può trovare il giusto pensiero, la giusta guida, per prendere il largo e navigare senza paura?
In Qualcosa a cui pensare è una giovane coppia di coinquilini a indicarci una strada possibile attraverso la rivelazione della loro anima insicura e mutevole.
Jeer e Plinn sono due quasi trentenni. Pieni e vuoti al tempo stesso. Liberi e dipendenti. Fragili e duri, come solo questa generazione sa essere.
La sottile, ma persistente, storia d’amore che attraversa tutte le scene dello spettacolo è assolutamente sorprendete e spiazzante e al di fuori dei “binari tradizionali”. E’ finta e contemporaneamente onesta, coraggiosa e paurosa allo stesso tempo, così come molti dei progetti di vita dei trentenni oggi. In un momento storico come il nostro in cui tutto sembra desiderabile e potenzialmente raggiungibile, il grande dramma di un giovane è proprio quello di ritrovarsi bulimicamente in preda al non saper cosa fare e cosa pensare di sé, per il futuro della sua vita.
La struttura dello spettacolo si sviluppa per quadri e il plot si dispiega attraverso un susseguirsi di situazioni drammaticamente comiche vissute dentro le mura di un appartamento cittadino.
Lo spazio scenico è vuoto, nudo e delimitato da un quadratone di moquette a terra e da un fondale, che sarà anche schermo per le proiezioni.
Il video sarà protagonista, insieme ai due attori, con tre funzioni: scandire ritmi tra i diversi quadri, usato come fondale così da poter anche entrare in relazione con la scena; approfondire le diverse tematiche affrontate dai due protagonisti; e visualizzare infine i concetti relativi alla fisica presentati (studio del pensiero, sinapsi, le gallassie e i buchi neri). Le animazioni saranno per di più astratte, legate sia al mondo della fisica, che a elementi concreti presenti nel testo (come: il videogioco Super Mario, le strade cittadine, la caduta da un palazzo per suicidarsi, ecc. ecc.).
Lo schermo offrirà forma alle paure sul futuro che occupano gli inconsci dei due protagonisti: la dialettica tra testo e immagine darà soprattutto respiro ai piccoli dettagli che portano ai grandi accadimenti del plot.
La bellezza e la potenza di questo progetto sta nella volontà di mostrare le anime, il pensiero e i sentimenti dei personaggi, esclusivamente attraverso la parola: quest’ultima è costantemente sul crinale tra la verità e la menzogna, e perennemente in bilico tra due pensieri che vengono immaginati nello stesso momento reali, anche quando uno di questi due è semplicemente pieno di paura e disagio esistenziale.
Il caos fa parte della vita e dal caos questa storia cerca di uscire attraverso uno sviluppo drammaturgico non cronologico, bensi ispirato proprio alla teoria fisica del caos: attraverso salti avanti e indietro nel tempo che piano piano rivelano un ordine generato proprio dall’incontro di Jeer e Plin. La progressione drammaturgica non fa altro che dipanare la bipolarità dei personaggi, congenita in questa storia, portando lo spettatore a ridere e soffrire per la difficolta di un discorso amoroso delle nuove generazioni”.