Nuovi nanosensori in fibra per applicazioni biomediche
La lotta alle patologie tumorali e non solo, come è noto passa anche e soprattutto attraverso una diagnosi sempre più precisa e precoce. Negli ultimi anni vi è stato un crescente interesse per lo sviluppo di sensori sempre più sofisticati, in grado di rilevare in maniera semplice, veloce ed affidabile biomarcatori, come molecole, proteine e cellule. A questa esigenza risponde il nuovo nanosensore in fibra che renderà più semplici ed economici i dispositivi basati sulla spettroscopia Raman amplificata da superfici (Sers).
Frutto della collaborazione tra diversi istituti del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di biochimica e biologia cellulare (Cnr-Ibbc) di Napoli, Istituto di scienze e tecnologie chimiche “G. Natta” (Cnr-Scitec) di Milano e Istituto per le scienze applicate e i sistemi intelligenti (Cnr-Isasi) di Napoli – l’Università del Sannio ed il Centro Regionale Information Communication Technology della Regione Campania (CeRiCT), la nuova tecnologia è descritta sulla rivista Sensors and Actuators B.
“Combinando la spettroscopia Raman con l’impiego di materiali metallici nanostrutturati è possibile identificare, in maniera sensibile, molecole chimiche e biologiche in una vasta gamma di settori. La tecnica, nonostante l’elevata sensibilità e specificità, ha avuto però una limitata diffusione a livello commerciale poiché i materiali necessari per eseguire il rilevamento sono abbastanza costosi e complicati da produrre”, spiega Stefano Managò, ricercatore del Cnr-Ibbc e primo autore dell’articolo. “La tecnologia sviluppata, un substrato Sers depositato sulla punta di una fibra, è unica e potenzialmente rivoluzionaria. Ci permette di identificare e misurare velocemente sistemi biologici di dimensioni diverse: molecole, proteine e cellule”.
Il substrato Sers è assemblato sulla punta della fibra nel laboratorio di Polymer Optoelectronics & Photonics diretto da Francesco Galeotti, Cnr-Scitec, attraverso l’uso di nanosfere di polistirene strettamente impacchettate e ricoperte d’oro. “L’impacchettamento delle biglie, le loro dimensioni ed eventuali trattamenti chimici rendono il sistema versatile e adattabile alla dimensione e alla forma del campione da rivelare. Una tecnica molto efficace e poco costosa”, precisa Managò
“Quando si deve rivelare la presenza di proteine o cellule presenti a bassissime concentrazioni nel campione, come ad esempio il sangue di un paziente, il segnale Raman deve essere amplificato in maniera estrema, ma è altrettanto cruciale adattare la nanostruttura metallica alle dimensioni del campione che si vuole rivelare, ed è la combinazione di questi due fattori che rende il sensore sviluppato estremamente promettente”, prosegue Andrea Cusano, professore ordinario presso il Dipartimento di ingegneria dell’Università del Sannio e coordinatore del Polo di optoelettronica e fotonica presso il CeRICT.
“Le dimensioni e la distanza tra le nanoparticelle possono essere controllate in maniera semplice e non costosa e direttamente sulla punta della fibra, consentendo l’impiego del sensore, ad esempio, per l’identificazione di proteine o cellule del sangue (come i globuli rossi)”, afferma Anna Chiara De Luca, coordinatore del Laboratorio di biofotonica presso Cnr-Ibbc, tra gli ideatori dello studio. “Le capacità di elevata sensibilità e specificità raggiunte con il biosensore sviluppato saranno ora testate per via endoscopica con notevoli implicazioni in medicina, ed in particolare per applicazioni diagnostiche in situ”.
Questa innovativa tecnologia è stata messa a punto attraverso la sinergia di due Infrastrutture di ricerca della Regione Campania: Campania Imaging Infrastructure For Research In Oncology (responsabile scientifico Daniela Corda-Cnr) e Centro di nanofotonica e optoelettronica per la salute dell’uomo (responsabile scientifico Antonello Cutolo-CeRICT) “Si tratta di un primo significativo risultato che dimostra quanto sia importante integrare le competenze, le eccellenze e le infrastrutture per creare una efficiente filiera tecnologica in grado di supportare le sfide ancora aperte nel settore dell’imaging biomedico e la lotta alle patologie tumorali”, conclude Anna Chiara De Luca.
Lo studio è stato realizzato grazie al supporto della fondazione Airc (Associazione italiana ricerca sul Cancro), della Regione Campania e del Ministero dell’università e della ricerca.
Foto e Notizie: Ufficio Stampa CNR