Impianto dito bionico su essere umano, da Star Wars alla realtà
Non è più solo fantascienza la protesi bionica dotata di dita sensibili applicata a Luke Skywalker in Guerre Stellari. Il percorso verso nuove protesi bioniche potenziate, capaci di restituire il tatto in tempo reale, accelera grazie a una ricerca italo-svizzera. Per la prima volta al mondo una persona amputata, il danese Dennis Aabo Sørensen, ha riconosciuto nei dettagli la texture di alcuni oggetti utilizzando un dito bionico connesso a elettrodi che gli sono stati impiantati sul braccio, sopra il moncone, in maniera chirurgica. Sørensen ha distinto le superfici ruvide rispetto a quelle lisce nel 96% delle prove sperimentali.
Il nuovo eccezionale risultato è stato raggiunto da scienziati italiani dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera, ed è stato descritto nell’articolo pubblicato oggi sulla rivista scientifica ‘eLife’, diretta dal premio Nobel Randy Schekman. Alla ricerca hanno collaborato Università di Pisa, Ircss San Raffaele Pisana, Università Cattolica del Sacro Cuore e Università Campus Bio-Medico di Roma. La tecnologia per inviare la sofisticata informazione tattile è stata sviluppata da Silvestro Micera e dal suo gruppo di ricerca presso École Polytechnique Fédérale de Lausanne, e presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, con il ricercatore Calogero Oddo e il suo team.
Lo studio ha dimostrato come, per la prima volta al mondo, un amputato sia stato capace di percepire superfici lisce o rugose in tempo reale, con un dito artificiale connesso a elettrodi inseriti in maniera chirurgica nei nervi del braccio. Anche i nervi di persone non amputate possono essere stimolati per percepire la rugosità, senza bisogno di intervento chirurgico: dunque la ricerca sul tatto bionico e sulla tecnologia da utilizzare nelle protesi può essere sviluppata in sicurezza anche nelle persone che possiedono l’arto.
“Percepivo la stimolazione quasi come quella che avrei potuto sentire con la mia mano – confida Sørensen a proposito del dito artificiale connesso al suo moncone – e ancora sento la mia mano mancante, è come se avessi il pugno chiuso. Con il dito artificiale ho sentito le sensazioni sulla punta del dito indice della mia mano fantasma”.
I nervi nel braccio di Sørensen sono stati connessi a un dito artificiale dotato di sensori. Un macchinario controllava il movimento del dito su differenti superfici di plastica, sulle quali erano state realizzate delle linee tramite stampa 3D. Le linee tra loro vicine hanno una texture più liscia di quelle tra loro più distanti. Durante i movimenti del dito artificiale sulle texture di plastica, i sensori generavano segnali elettrici. Questi segnali venivano trasformati in una sequenza di impulsi elettrici, che imitavano il linguaggio del sistema nervoso e quindi inviati ai nervi. Quello di oggi è il frutto di anni di ricerche: in un precedente studio, gli impianti di Sørensen erano stati connessi a una mano protesica sensorizzata che gli aveva permesso di riconoscere forma e morbidezza degli oggetti. In questa nuova ricerca sulla texture, il dito bionico ottiene un livello di risoluzione tattile superiore.
Lo stesso esperimento per valutare la percezione tattile della texture è stato svolto anche con persone non amputate, senza bisogno di interventi chirurgici. L’informazione tattile è stata inviata mediante sottili aghi microneurografici che sono stati temporaneamente inseriti, attraverso la pelle, nel nervo mediano del braccio. I non amputati sono stati capaci di distinguere la rugosità delle superfici nel 77% delle prove. Ma questa informazione sul tatto, che proviene dal dito bionico, è davvero simile alla sensazione di tatto in arrivo da un dito reale? Gli scienziati hanno verificato questa ipotesi confrontando le attività delle onde cerebrali dei soggetti non-amputati, generate sia dal dito artificiale sia dal dito naturale. Le analisi effettuate tramite elettroencefalografia hanno rilevato che le regioni attivate nel cervello erano analoghe.
La ricerca conferma anche che gli aghi microneurografici portano informazione sulla texture in modo comparabile agli elettrodi impiantati, in questo caso in Sørensen, fornendo agli scienziati nuove opportunità per accelerare la ricerca sul tatto in protesica.
“Questo studio unisce scienze di base e ingegneria applicata e fornisce evidenze aggiuntive dei contributi che la ricerca in neuroprotesica può dare al dibattito neuroscientifico, specificamente sui meccanismi neuronali del senso del tatto umano”, sottolinea Oddo, primo autore della pubblicazione. “Dalle protesi bioniche – commenta – sarà anche tradotto in altre applicazioni, come il tatto artificiale nella robotica per la chirurgia, per il soccorso e per il settore manifatturiero“.
“E’ entusiasmante aver dimostrato che possiamo restituire la sensazione della rugosità stimolando i nervi del braccio, in sistemi nervosi sia lesionati che intatti”, sottolinea Stanisa Raspopovic, ricercatore dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne e della Scuola Superiore Sant’Anna, e co-primo autore dello studio. “La ricerca – conclude – sta finalmente spostando l’attenzione principale dal solo interrogarsi su quali elettrodi impiegare verso il loro utilizzo in modo ottimale, per ottenere sensazioni naturali tramite le protesi”. Fonte: adnkronos.com Foto in evidenza: wikipedia.org