Torino, donna 30enne costretta a lasciare il lavoro per fare la mamma
«D’un tratto mi sono trovata davanti ad un bivio: o sceglievo di essere lavoratrice o di essere mamma» afferma Michela. Ha quindi dovuto abbandonare il suo impiego con molto rammarico.
La donna ci racconta la sua storia, la quale suscita molta amarezza.
La storia di Michela
Solo qualche anno prima che le nascessero i figli, l’azienda aveva lasciato intendere di credere molto nelle potenzialità della giovane Michela. Infatti, dopo averle fatto fare qualche anno di gavetta, la ditta presso cui lavorava la aveva sottoposta ad un programma di formazione, per poi affidarle un incarico di grande responsabilità.
La giovane non ha parenti a cui poter affidare i suoi piccoli, e suo marito svolge un lavoro che prevede dei turni rigidi da rispettare.
Per questo motivo, poco prima della nascita dei bambini, Michela ha chiesto ed ottenuto di lavorare in part-time per l’azienda per almeno 3 anni, così da poter accudire meglio i suoi bambini, due gemellini.
Durante gli anni del part-time, per lei la situazione a lavoro è mutata profondamente.
Stando al racconto della donna, l’azienda ha cominciato a comportarsi in modo diverso con lei in seguito alla nascita dei bambini e al fatto di lavorare non più a tempo pieno come prima.
L’atteggiamento dei superiori nei confronti della 30enne ha infatti subito una trasformazione mortificante: «Hanno iniziato ad assumere un comportamento molto freddo nei miei confronti, a volte non mi salutavano neanche quando passavano nelle vicinanze della mia postazione».
Inoltre, la donna è stata spostata di continuo da un incarico a un altro «come a farmi capire che ero diventata improvvisamente un peso per loro».
Una volta trascorsi i tre anni, e quindi scaduto l’accordo con l’azienda per poter lavorare in part-time, Michela avrebbe dovuto ritornare a lavorare a tempo pieno.
Poco prima della scadenza dell’accordo del part-time, la donna ha cercato di richiedere il part-time, ma le è stato negato. Ha quindi provato a chiedere un orario fisso dalle 7 alle 16, ma anche in questo caso l’azienda si è rifiutata.
A quel punto, la giovane non ha potuto fare altro che rinunciare all’impiego, ottenuto con impegno e sacrificio.
Diploma, laurea, gavetta lavorativa, formazione professionale, abilità nel lavorare: Michela ha dovuto accantonare tutto questo e le sue ambizioni professionali, per il fatto di essere diventata mamma.
Qualcuno paradossalmente potrebbe anche colpevolizzare la povera Michela, rea di non aver trovato una soluzione adeguata. Leggiamo spesso annunci di lavoro come babysitter a Torino. Oggigiorno ci sono anche delle piattaforme online che offrono questo servizio, il costo medio giornaliero a Torino è di circa 7,65 euro l’ora. Secondo voi Michela ha preso la decisione giusta?