Cultura e Società

Il Museo MIIT di Torino presenta due opere personali

Il Museo MIIT di Torino presenta le due opere personali di Gianna Dalla Pia Casa ‘Tristano e Isotta. Opere in acrilico’ e Gian Piero Nuccio ‘Sfasature.

Opere di incisione’ che si terranno dal 22 febbraio al 5 marzo 2024 con inaugurazione giovedì 22 febbraio dalle ore 17.30. Artisti e linguaggi differenti, eppure complementari, per sensibilità e intuizioni creative che danno vita ad una doppia esposizione dai contenuti raffinati e intensi che pongono in luce mestiere, idea, unicità espressiva.

Gianna Dalla Pia Casa ‘Tristano e Isotta. Opere in acrilico’
‘Da alcuni anni, dopo il passaggio dall’Iperrealismo, la mia ricerca è orientata all’analisi del segno pittorico e del grafismo della scrittura, al recupero di simboli e soggetti classici o arcaici, alla riflessione sull’impatto del colore.

In questa Mostra il filo conduttore, palese nei titoli, è la leggenda di Tristano e Isotta (tratta dal libretto dell’opera lirica “Tristan und Isolde” di Richard Wagner) nella traduzione italiana. Il connubio fra segni di scrittura, stesure pittoriche e immagini simboliche, invitano ad una doppia lettura per la stratificazione di significati su sfondi chiaramente astratti.

Sono un esempio la “treccia” o l’intreccio del racconto, il “nodo” o il nodo del discorso, l’uso della spirale di Fibonacci (nella versione geometrica). Il colore resta importante per le sue suggestioni visive ancor più delle regole principali della pittura. La nuova Mostra al MIIT viene pensata come un sistema interattivo, ossia una ripetizione del tema centrale alla ricerca dell’armonia d’insieme’. (Gianna Dalla Pia Casa)

Gianna Dalla Pia Casa: Cromatismi e sospensioni armoniche

“Nietzsche trovò, nel “Tristano” wagneriano, l’opera in cui l’apollinea logicità del mondo socratico-platonico si scontrava con la dissolutezza incontrollabile del mondo dionisiaco: un amore, indotto da magiche pozioni, non riesce a sottostare alla ragion di stato.

Acidi cromatismi e sospensioni armoniche creano la suspense e l’incertezza su cui si fonda l’intera opera, mentre la musica non descrivere la rappresentazione scenica, ma i simboli e i sottintesi che ne nascono. Nietzsche restò affascinato da questo recupero della sensualità dell’irrazionale operata da Wagner, trovandola così vicina alla sua intenzione di un superamento della razionalità, come descriverà ne “La nascita della tragedia greca” (1872).

Affrontare la traduzione di tutto ciò nel linguaggio pittorico è impresa assai ardua. Ma l’artista, ben consapevole del senso di attesa a cui lo spettatore è sottoposto, traduce in simbolismi i cromatismi e le sospensioni armoniche: nulla dunque nell’opera pittorica è esplicito, chiaro, tutto è lasciato alle interpretazioni. Trecce e nodi (Isotta? Tristano?) sono sparsi per i vari quadri, indistricabili entrambi, unici soggetti figurativi di tutta l’opera.

Il resto è astrazione, fumi di colore che si mescolano l’un l’altro, nebbia che avvolge e nasconde le due figure, segni e scritture non traducibili in sensi letterari conosciuti. La mancata definizione informale, come le catene di dissonanze wagneriane, crea l’attesa mai colmata, come il desiderio che, nei due amanti, si riproduce continuamente. La risoluzione finale starà nella morte dei due protagonisti.

Ma nei quadri questo non è detto. L’artista lascia i soggetti indefiniti e lo spettatore si porta dentro questa suspense lungo tutta la mostra. Nei lunghi viaggi fra Irlanda e Inghilterra le nebbie marine – qui tranquilli rosa, azzurri, pallide ocra – offuscano una realtà sempre inafferrabile e, dunque, tragica, tanto quanto la condizione umana, angosciante nella non accettazione della propria finitezza”. (Testo di Gian Piero Nuccio)

Gianna Dalla Pia Casa è nata ad Este (Pd); vive e lavora a Torino dove porta avanti un’intensa attività espositiva con mostre personali e collettive. Si è diplomata al Liceo Artistico e in Pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove è stata allieva di Sergio Saroni, Davico e Francesco Franco.

Abilitata all’insegnamento di Educazione Artistica e di Discipline Pittoriche, ha lavorato in alcune scuole private. Da vari anni insegna “Ritratto” all’università delle Tre Età di Torino. Nel suo interesse per le arti figurative trova posto la poesia visiva che interpreta con particolari declinazioni.

Ossia, le ricerche si sviluppano su diversi piani interpretativi: concettuale, intellettuale e formale, realizzando un percorso unitario fra l’idea, il richiamo storico o culturale e una stesura formale che soddisfa il suo piano estetico.

Gian Piero Nuccio ‘Sfasature. Opere di incisione’

In un scritto sulla contemporaneità (G. Agamben, Che cos’è il contemporaneo?, Nottetempo, Roma, 2008, pag.9) G. Agamben afferma che “La contemporaneità è […] quella relazione col tempo che aderisce ad esso attraverso una sfasatura e un anacronismo”. Per chi si occupa di arte, e segnatamente, di arte contemporanea, questa affermazione è particolarmente stimolante.

L’arte contemporanea ha da tempo consegnato tutta la validità dell’opera al concetto, ritenendo superati, in un’epoca di incontenibile sviluppo dei mezzi espressivi, problemi relativi all’abilità pratica del “saper fare”. In tal modo l’artista viene liberato dal peso degli “inganni illusionistici”, come il chiaroscuro o la prospettiva, che dimostravano la sua capacità di creare una realtà “altra”, in grado di coinvolgere pienamente lo spettatore nella narrazione.

Resta però il fatto che, in tal modo, si possano generare pericolosi fraintendimenti, quando non facili speculazioni e sotterfugi. L’utilizzo della tecnica incisoria ­– complessa e certamente démodé – dovrebbe eliminare questo pericolo. Di qui l’approdo, appunto, a quella sfasatura di cui parla Agamben. Questa tecnica arcaica (“prossima all’’arké, cioè all’origine”) continua ad agire nella contemporaneità dove il segno rupestre, il tratto scavato, durano oggi.

L’altra grande responsabilità della contemporaneità risiede negli intenti contenutistici che l’artista esplica nelle opere. I. Calvino, nelle sue “Lezioni americane”, descrive come, per conoscere il mondo in profondità e per indagarlo e scoprirlo, occorra prenderne le distanze: solo così lo si può poi superare e rappresentare. Lo sguardo va dunque rivolto al mondo con leggerezza, per svelare l’invisibile, andare oltre la superficie e scoprire cosa c’è sotto. Rientra in gioco la sfasatura rispetto al tempo corrente.

Perseo guarda Medusa riflessa nel suo scudo per non essere tramutato in pietra dal suo sguardo. Le vaste campiture nere sono un invito ad osservare il mondo non direttamente, ma di riflesso. L’ombra definisce le luci. Nella calma, nella profondità e nel silenzio dei neri, la leggerezza svela l’invisibile’. (Gian Piero Nuccio)

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