Scarsi movimenti intestinali sono legati a un maggiore rischio di declino cognitivo
Scarsi movimenti intestinali ogni 3 giorni o meno frequenti sono legati a livelli più elevati di declino cognitivo (+ 73%). Sono i risultati emersi all’Alzheimer’s Association International Conference recentemente svoltasi ad Amsterdam.
Sebbene siano necessari ulteriori studi per capire come questi risultati possano informare i trattamenti e le strategie di prevenzione del declino cognitivo, il dato è comunque piuttosto emblematico, considerato anche che circa il 16% della popolazione mondiale soffre di stitichezza, risultando così a maggiore livello di rischio.
In ogni caso, la ricerca è un primo passo per capire se la presenza di alcuni tipi di batteri nell’intestino siano o meno in grado di proteggere il nostro cervello da alcuni tipi di malattie cognitive.
Scarsi movimenti intestinali: lo studio
Per lo studio, i ricercatori hanno esaminato i dati di 112.753 uomini e donne, comprendenti informazioni sulla frequenza dei movimenti intestinali tra il 2012 e il 2013 e autovalutazioni delle funzioni cognitive tra il 2014 e il 2017.
Un sottogruppo di 12.696 partecipanti è stato inoltre sottoposto a test neuropsicologici sotto la supervisione dei ricercatori. I partecipanti hanno inoltre fornito campioni di feci per valutare i livelli di diversi batteri.
Alla fine, i ricercatori hanno scoperto che le persone che avevano un movimento intestinale ogni 3 o più giorni avevano una cognizione significativamente peggiore – equivalente a 3 anni di invecchiamento aggiuntivo – rispetto a coloro che avevano un movimento intestinale al giorno. Avevano anche un rischio maggiore del 73% di declino cognitivo soggettivo e un minor numero di microbi che producono butirrato, un marcatore di batteri sani che aiutano a digerire le fibre alimentari.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che coloro che avevano più di due movimenti intestinali al giorno avevano un rischio leggermente maggiore di declino cognitivo e tendevano ad avere più specie pro-infiammatorie nel loro microbioma.
Ciò premesso, l’analisi ha concluso che movimenti intestinali meno frequenti sono legati a una peggiore funzione cognitiva e che questo legame può essere spiegato da cambiamenti nel microbioma intestinale.
Alcuni batteri intestinali sono legati al declino cognitivo
Nel corso dell’evento è poi emerso come vi siano specifici batteri intestinali collegati a un aumento del rischio di demenza. In particolare, livelli più elevati di amiloide e tau sono connessi a livelli più bassi di batteri intestinali Butyricicoccus e Ruminococcus e a quantità più elevate di Cytophaga e Alistipes: Butyricicoccus e Ruminococcus potrebbero avere effetti neuroprotettivi.
Dunque, i ricercatori hanno suggerito che la riduzione di alcuni batteri potrebbe aumentare la permeabilità intestinale e il trasporto di alcuni metaboliti al cervello, cosa che a loro volta potrebbe aumentare l’accumulo di amiloide-beta e proteine tau.
Un’analisi parallela ha poi scoperto che gli individui con la cognizione più scarsa avevano livelli più bassi di Clostridium e Ruminococcus e più alti di Alistipes e Pseudobutyrivibrio rispetto agli altri partecipanti. I ricercatori hanno dunque sottolineato che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio i possibili effetti neuroprotettivi di questi batteri, ma hanno aggiunto che in futuro potrebbe essere possibile manipolarne l’abbondanza attraverso la dieta e i prebiotici per preservare la salute del cervello e le funzioni cognitive.