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La resistenza delle donne rivive in “Troiane”: a Torino la tournée dell’ultimo spettacolo del Teatro Vanchiglia

resistenza-donne-rivive-troiane-torino-tournee-ultimo-spettacolo-teatro-vanchigliaTORINO – Comincia da Casa Fools – Teatro Vanchiglia la tournée di Troiane, l’ultimo spettacolo dei Fools che attualizza il classico euripideo mettendo al centro la figura femminile: dal 4 al 6 novembre e, ancora, dal 18 al 20 lo spettacolo andrà in scena presso il Teatro Vanchiglia in via Bava 39 mentre, nel corso del mese, in programma altre sette repliche fra Piemonte e Lombardia.

Troiane di Euripide è una delle prime opere nella storia della drammaturgia a narrare la resistenza, eroica e disperata, degli sconfitti. Troiane dei Fools riscrive la tragedia originale mettendo in secondo piano il punto di vista maschile per mostrare il dolore di chi invece, spesso, subisce maggiormente la follia dell’invasore. La presa di Troia è infatti il pretesto per dare voce a cinque donne stravolte dalla guerra: madri, mogli e figlie, sono loro a sostenere il supplizio più grande per garantire la sopravvivenza della comunità e la promessa di riscatto per il proprio popolo.

Il cast – cinque attrici più una

A vestire i panni di Ecuba è Roberta Calia; nel doppio ruolo di Andromaca e Menelao Rebecca Rossetti; a interpretare Elena, Paola Bertello; alle prese con il ruolo di Taltibio Silvia Laniado mentre la giovane Cindy Balliu è la tormentata Cassandra. Sesta attrice a tutti gli effetti è infine la musica. Dalla collaborazione con il giovane compositore Alberto Cipolla sono nati infatti i cinque brani inediti – da cui l’album ‘Troiane Original Score’ pubblicato su Spotify – eseguiti dalle attrici sul palco a cappella. Il lavoro di Cipolla si è concentrato nel caricare le voci femminili di una grande valenza simbolica: ora coro armonico a rappresentare la forza della comunità, ora voci soliste come urlo disperato di sopraffazione.

La regia

La riscrittura del testo, opera di Luigi Orfeo, attore e regista di opera lirica e di prosa che cura anche la regia, è frutto di una ricerca sul potere intrinseco della parola che ha dato vita a una vera e propria “lingua del Mediterraneo”, un melting pot di dialetti del sud Italia che danno allo spettacolo una componente ancestrale e profonda. Un vero e proprio codice, in grado di evocare un rito collettivo più che un atto performativo. Non esiste artificio scenico: i cambi di personaggio, l’intonazione dei cori a cappella armonizzati per cinque voci, tutto avviene sotto gli occhi dello spettatore.

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