Il pianeta degli androidi, una passione che racconta il futuro
Rappresenta il manifesto di un’epoca, un’opera innanzitutto letteraria che poi è sbarcata sul grande schermo facendo osservare dal buco della serratura un futuro impossibile diventato – dopo 37 anni – all’improvviso il presente. ‘Blade Runner’ di Ridley Scott è l’adattamento cinematografico del capolavoro di Philip K. Dick intitolato ‘Il cacciatore di androidi’: quest’anno, nel mese di novembre, ha raggiunto la data dell’ambientazione sul grande schermo. In un mondo però un po’ diverso da come era stato rappresentato nel lontano 1982, ovvero in una Los Angeles nello sfacelo: avvolta continuamente da una nube di smog pesante a coprire il sole, sotto una fitta pioggia e tra auto volanti. Trattando comunque un tema, quello dell’inquinamento senza controllo, che assieme alla ribalta di aziende sempre più avide aveva saputo anticipare in un certo senso il futuro. La scomparsa del celebre attore Rutger Hauer, che al replicante filosofo di ‘Blade runner’ (…ho visto cose che voi umani…) aveva legato per sempre il suo volto, ha chiuso un cerchio. Nella storia del cinema è lunga la scia di film ‘dedicati’ ai rapporti tra uomini e androidi. Il desiderio di intrecciare il proprio destino con le macchine è innato, basta pensare alle mansioni domestiche immaginate per ‘L’uomo bicentenario’ con Robin Williams oppure alle capacità dei robot di Guerre stellari, in grado di conversare come di scendere in battaglia. Una visione quasi romantica, che si è sviluppata soprattutto nel secolo scorso, al riparo da effetti speciali troppo realistici. Quando il sogno del futuro era popolato da robot super intelligenti e macchine in grado di svolgere qualsiasi compito anche il più banale. Nonostante scrittori e registi del passato non avessero saputo immaginare la rivoluzione del web con le sue app di fotoritocco, videoricette, blog di viaggi e siti che offrono slot. E neppure il ruolo di blogger e influencer.
Tutti pazzi per l’universo distopico e la fantascienza
Il concetto di ‘distopia’, pane quotidiano di una letteratura che strizza l’occhio alla fantascienza, è spesso legato a droidi e robot. Vuole esprimere una utopia però in senso negativo. Diversamente dal ‘mondo dei sogni’ ideale e perfetto, nella distopia ne va in scena uno terribile e niente affatto desiderabile (anche se tremendamente affascinante). Dove c’è una continua tensione che stimola la fantasia, alla quale viene delegato il compito più importante: immaginare cosa accadrebbe se il futuro riservasse proprio quello scenario. Si apre una riflessione sul presente, poiché nella storia distopica si celano spesso critiche alla realtà moderna. Se siete amanti di questo genere non potranno mancare nella vostra libreria questi cinque titoli, a cominciare dal best seller ‘1984’ di George Orwell dove il protagonista è lo sguardo freddo del ‘Grande fratello’, dittatore virtuale. Ne ‘La strada’ di Cormac McCarthy padre e figlio percorrono una lunghissima strada asfaltata circondata da un’America sopravvissuta a una catastrofe. Mentre ‘Divergent’ di Veronica Roth racconta come i ragazzi vengano sottoposti a test e addestramenti speciali dai quali dipenderà la loro ‘parte’ nella società. Nel romanzo ‘Metro 2033’ di Dmitrij Gluchovskij la metropolitana di Mosca è l’unico luogo rimasto abitabile dopo una guerra atomica. Infine ‘Fahrenheit 451’ di Ray Bradbury, che immagina un futuro dove dominano le immagini e dove leggere parole scritte sia diventato reato.