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Intervista a Neil Taylor, il leggendario chitarrista inglese si racconta a CronacaTorino

neil-taylor-chitarrista-inglese-cronacatorinoUna sorpresa per iniziare al meglio la settimana. Su CronacaTorino arriva il chitarrista inglese Neil Taylor.
Proprio Neil ha voluto raccontarci la sua storia tra Tears for Fears, Peter Gabriel, Tina Turner, Climie Fisher, Holly Johnson e la pazzesca collaborazione con Robbie Williams. Un viaggio da “Everybody Wants to Rule the World” fino ai giorni nostri. Ecco cosa ci ha raccontato:

Ciao Neil, come stai? Cosa stai facendo in questo periodo? Qualche progetto estivo?
Ciao, molto bene. Dal lockdown sto lavorando alla scrittura di un nuovo album e sto imparando a mixare. Questo mi ha chiaramente preso molto tempo, ma anche alcuni lavori per una compagnia di produzione sono stati impegnativi. Faccio anche alcune sessioni di chitarra online, ma il vero piano è quello di far uscire il mio disco il prossimo anno.
Si tratterà del mio sesto album e vorrei avesse dietro una casa discografica. Non voglio farlo uscire autoprodotto perché c’è veramente tanto lavoro dietro.
Vorrei anche fare un po’ di concerti perché è quello, alla fine, che conta per me.

Cosa devono aspettarsi i fan da questo disco?
Questo sarà un album decisamente più rock. Il precedente era più su un genere rock/pop, ma questo sarà molto più heavy. Ci saranno tanti assoli di chitarra e tante cose molto interessanti.
Nel 2015, purtroppo, è mancato il mio collaboratore Steven Torch. Lui si occupava concretamente dello scrivere e per me in questi anni è stato un re-imparare quel tipo di lavoro. Steve ha scritto canzoni spaziali… Un esempio è “Believe” di Cher, ma ce ne sono tante altre.
Ogni volta che scriveva qualcosa pensavo: “Cavoli, è davvero fantastico”. Ora tocca a me pensare a ogni parte ed è uno dei motivi per cui ci sto mettendo un po’ di tempo! Però credo di essere sulla buona strada tra melodie e parole.
Scrivevo canzoni quando avevo diciotto anni e avevo una mia band, ma poi quel capitolo si chiuse quando diventai un turnista. Negli ultimi dieci anni sono tornato a rifare cose per me. Fare musica è creativo e lo faccio ogni giorno. Credo sia la mia passione più profonda.

La pandemia ti ha ispirato in modo diverso?
Sì, gli ultimi tre anni sono stati importanti per me. Ero in tour da tre mesi, sono tornato a casa a dicembre del 2019 e sono subito andato in Giappone. Lavoravo con un chitarrista del luogo, ma tutto era diventato troppo pesante. Ho dovuto tornare presto indietro perché soffrivo di attacchi d’ansia e poi è arrivato il lockdown.
Il periodo senza pressioni mi ha aiutato a uscire dalla mia ansia. Ero semplicemente a casa, potevo dedicarmi a me stesso… Purtroppo non ringiovanisco e la vita in tour cominciava davvero a essere pesante. L’aver anche passato natale senza la mia famiglia non era stato il massimo.
Continua a piacermi molto essere a casa! So benissimo che prima o poi dovrò ripartire, ma nel mentre amo stare qui.

Tornando a quella che è stata una carriera a dir poco pazzesca… Il tuo nome è legato a una canzone leggendaria dei Tears for Fears: “Everybody Wants to Rule the World”. Ci racconti qualche aneddoto legato a questa canzone?
Certo! La cosa divertente è che suoneranno a pochi chilometri da qui tra qualche giorno. Io non andrò. (ride)
Ho cominciato con la mia band a Bristol e suonavamo in un pub. Vennero a sentirci due persone, una era Rob Fischer. Suonai in una canzone di una delle band di Rob e facemmo anche alcuni show. Al basso di quel gruppo c’era Curt Smith.
All’epoca lui e Roland stavano mettendo in piedi i Tears for Fears e avevano alcune demo da portare alle case discografiche. Un anno dopo, circa, incontrai nuovamente Curt a una festa e mi disse che avevano cercato disperatamente di mettersi in contatto con me.
La band voleva che andassi in tour con loro, ci andai e poi finii in studio con loro. La prima cosa su cui misi le mani fu proprio “Everybody Wants to Rule the World”.
Ian Stanley, il tastierista, mi chiamò e mi chiese di fare un assolo di chitarra. Tutto quello che avevo era una base, non c’era una vera e propria canzone ancora. Feci due registrazioni e usarono alcune parti, fui pagato 200 pounds e all’epoca pensai fosse pazzesco.
Mi chiesero due volte di andare in tour, ma non potevo perché ero sotto contratto con un’altra casa discografica. Poi negli anni ’90 suonai ancora con loro e misi la mia chitarra in alcune canzoni. Dopodiché tornai al mio lavoro ed entrai nella band di Robbie Williams.neil-taylor-chitarrista-inglese-cronacatorino

Raccontaci la tua esperienza con lui
Il primo album su cui ho lavorato con Robbie è stato “Sing When You’re Winning”. Ho fatto praticamente quasi tutte le parti di chitarra di quel disco. Non l’ho però conosciuto in quell’occasione.
Abbiamo registrato a Los Angeles “Escapology” ed è stato lì dove ci siamo conosciuti. Dopo quelle due settimane mi chiese se volessi far parte della band e poi abbiamo lavorato insieme per dieci anni.

C’era una grande chimica tra te e Rob. Ricordo dei concerti davvero pazzeschi.
Sì, è vero. Mi ricordo del concerto a San Siro. Fu pazzesco! Pensa che dopo Milano era stata decisa una lunga pausa e potevamo quindi tornare a casa.
L’opzione per tornare a casa mia era prendere il volo Milano-Bristol della EasyJet e così feci. Mi svegliai presto e andai in aeroporto, la quasi totalità dei passeggeri era stata al concerto della sera prima e fui una strana sorpresa per tutti loro. Mi riconobbero subito e mi chiesero cosa ci facessi lì! Fu davvero molto divertente. Ho passato molto tempo in Italia con Robbie e Climie Fisher, ma anche con altri artisti come Tina Turner.

Hai suonato anche con Peter Gabriel
Ho passato alcuni giorni con lui dopo l’uscita di “So”. Stavano lavorando ad alcune canzoni aggiuntive per una qualche edizione speciale. Fu un’esperienza notevole stare con Peter.
Ricordo che io suonavo la chitarra e lui era lì con la sua voce. Un giorno decidemmo di fare una pausa e fu surreale: ero nella sua cucina con lui che mi preparava una zuppa!

Torniamo a Tina Turner. Che esperienza fu per te?
Dan Hartman, il produttore, mi chiamò per chiedermi se il giorno dopo avrei potuto lavorare. Avevo già accettato, ma solo dopo mi disse che si trattava di Tina Turner. La prima reazione fu: “no, non voglio farlo”. Ero letteralmente impaurito, ma poi ovviamente andai. Lei era nello studio con manager e tutto il suo staff. Non ti nascondo che suonare con tutte quelle persone fu stressante. Tina fu però incredibile, la vedevo ballare mentre suonavo e fu molto simpatica con tutti noi.

Hai parlato prima del nuovo album, ma quale sarà il prossimo capitolo della tua carriera? Lavorerai ancora con altri o sei più concentrato sulla tua musica?
Mi piacerebbe fare concerti, questo è l’obiettivo. Vorrei creare qualcosa con cui le persone possano divertirsi. Non sono molto interessato a successi commerciali, ma vorrei suonare ancora prima che sia troppo tardi per farlo. Dopo aver suonato la musica di altri vorrei davvero fare qualcosa per me. Quindi certamente voglio concentrarmi sulla mia carriera, ma non si sa mai nella vita. Vedremo.

Ultima domanda: un messaggio per i tuoi fans italiani
Non avevo mai realizzato di avere fans in Italia, ma sono davvero contento ci siano. Per favore, non mollatemi! Cercherò di venire in Italia e vi saluto tanto.
(A.G.)

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