Scienza e Tecnologia

Nu Indi testimone di un’antica collisione galattica

Un team internazionale di astronomi, di cui fanno parte anche diversi ricercatori in forze all’Inaf, ha pubblicato su Nature Astronomy un articolo nel quale viene meglio circostanziata l’epoca in cui sarebbe avvenuta la collisione tra la nostra Via Lattea e la galassia Gaia Encelado. Osservazioni effettuate sulla stella Nu Indi ne hanno permesso la datazione studiandone le oscillazioni grazie al satellite TESS della Nasa e alle tecniche dell’asterosismologia. Incrociando i dati osservativi di Gaia, si è scoperto che Nu Indi si è formata circa 11 miliardi di anni fa e conserverebbe ancora le tracce di quell’antica collisione avvenuta agli albori del cosmo.
Agli inizi della sua storia la Via Lattea è stata coinvolta in un “incidente” con un’altra galassia, nota come Gaia-Encelado. Doveva trattarsi di una galassia nana, ma non piccolissima: la massa doveva essere grosso modo pari a quella di una delle due Nubi di Magellano. La collisione portò alla scomparsa di Gaia-Encelado, letteralmente inglobata dalla Via Lattea. Nuove informazioni su questo antico evento sono state ottenute da un team di scienziati guidato dall’Università di Birmingham, di cui fanno parte anche diversi ricercatori in forze all’INAF, applicando vari metodi scientifici per studiare Nu Indi (ν Indi), una luminosa stella singola situata nella costellazione dell’Indiano, visibile per lo più nell’emisfero australe. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Astronomy.
Nu Indi ha un’età di circa 11 miliardi di anni stimata grazie ai metodi dell’asterosismologia, ovvero tramite l’analisi delle onde sismiche che si propagano al suo interno e rilevate da TESS, il Transiting Exoplanet Survey Satellite della NASA lanciato nel 2018, con l’obiettivo di individuare pianeti extrasolari e studiare le loro stelle. Combinando i dati ottenuti da TESS con quelli della missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea risulta che la collisione della Via Lattea con Gaia-Encelado debba essere avvenuta dopo la formazione di Nu Indi, modificandone il moto attraverso la nostra galassia.
Enrico Corsaro, ricercatore dell’INAF di Catania, la cui ricerca è stata supportata dal programma AstroFIt2 INAF, dice al riguardo: “Grazie ai metodi dell’asterosismologia è stato possibile determinare l’età di Nu Indi con grande precisione e, analizzando anche il moto della stella dentro la nostra galassia, abbiamo compreso che questa stella debba essersi formata prima che avvenisse la collisione tra la Via Lattea e Gaia-Encelado”.
Maria Pia Di Mauro, ricercatrice presso l’INAF di Roma aggiunge: “La catena precisa di eventi che portarono la nostra galassia ad assumere l’aspetto attuale non è ancora ben chiara. Questo studio mostra le potenzialità dell’asterosismologia non solo per studiare in dettaglio le stelle e i sistemi planetari a noi più vicini, ma anche per tracciare i momenti salienti che hanno caratterizzato la storia e la formazione della nostra galassia”.
Questa ricerca mostra non solo il potenziale di TESS per lo studio delle stelle, ma anche come la sismologia stellare sia la chiave di volta per ricostruire con precisione la formazione ed evoluzione della nostra galassia.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy nell’articolo “Age dating of an early Milky Way merger via asteroseismology of the naked-eye star ν Indi”, di William J. Chaplin, Aldo M. Serenelli, Andrea Miglio et al.
Acknowledgments:
Tra gli altri ricercatori coinvolti nello studio: Andrea Miglio, ricercatore presso l’Università di Birmingham e associato all’INAF di Bologna, Principal Investigator del progetto ERC dal titolo ‘Asterochronometry’, che ha proprio l’obiettivo di comprendere la via Lattea attraverso lo studio delle età delle stelle; Thaíse S. Rodrigues ricercatore presso l’INAF di Padova; Diego Bossini ricercatore presso l’Instituto de Astrofísica e Ciências do Espaço dell’Università di Porto, in Portogallo, membro del progetto BreakStarS, supportato dalla “Fundação para a Ciência e a Tecnologia”.
Foto e Notizie: Ufficio Stampa INAF

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