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Intervista a Malcolm Bruce, quando la musica è una questione di famiglia

Il rock spesso ha saputo spesso regalarci famiglie di talento capaci di scrivere pagine e pagine di storia della musica. Malcolm Bruce, figlio del leggendario bassista dei Cream Jack Bruce, è un vero artista dai mille volti. A CronacaTorino ha raccontato la sua carriera dal rapporto con il padre, al ricordo di Little Richard e ai più recenti progetti musicali.
Ecco cosa ci ha raccontato:
Salve Malcolm, come stai? Questo periodo ha cambiato drasticamente le nostre abitudini. Come lo stai passando?

Sto davvero bene, grazie. Sì, è un momento davvero impegnativo per tutti noi a livello psicologico, economico e spirituale. Penso che la maggior parte di noi uscirà dall’altra parte di questa pandemia molto più forte. In un certo senso è un’opportunità per una vera crescita e forse può offrire una riflessione su ciò che è veramente importante per la razza umana. Penso che quando accadono eventi importanti come questo, ci vediamo costretti a guardare a noi stessi e ai nostri valori.
Pratico la meditazione trascendentale e lo yoga e penso che questo mi dia modo per vedere oltre un livello superficiale e materialistico. Sono molto grato di avere questo strumento per rimanere il più radicato possibile nel mondo.
Certamente tutti i musicisti sono stati profondamente colpiti da questa situazione, non potendo esibirsi e non sapendo quando si potrà effettivamente riprendere. Rimango positivo a riguardo, ma sono anche vicino a quei molti che stanno lottando.
Quando hai deciso che saresti diventato un musicista?
I miei primi ricordi riguardano la musica, quindi non sono sicuro di aver scelto di fare il musicista, ma penso che sia stata lei ad aver scelto me! Penso che sia stato inevitabile seguire questo percorso.
È ironico pensare che se avessi voluto ribellarmi a mio padre sarei diventato un direttore di banca o qualcosa del genere. C’erano sempre strumenti a casa mentre crescevo e vari musicisti andavano e venivano, e andavo a vedere mio padre esibirsi.
Suonavo il piano all’età di 5 anni, poi il basso a 9 anni e la chitarra a 10 anni. Ho iniziato anche a scrivere presto. Penso che la più grande sfida per me sia stata quella di emergere dall’ombra di mio padre, ma sento che finalmente ho trovato me stesso!
Sei cresciuto con la musica di una leggenda come tuo padre, Jack Bruce. Ha incoraggiato i tuoi interessi musicali? Che cosa ti ha insegnato per prepararti a una carriera nel mondo della musica?
Sì, mio ​​padre mi ha sempre seguito e mi ha dato molte opportunità quando ero all’inizio della mia carriera. Ho suonato con lui e abbiamo lavorato nel suo studio incidendo molte cose insieme.
In seguito mi ha dato l’opportunità di lavorare con lui anche su alcuni dei suoi dischi… Un’esperienza sempre straordinaria! Ma soprattutto mi ha sempre incoraggiato e mi ha sempre spinto a creare seguendo la mia via.
Voleva che trovassi la mia strada, ma non mi ha dato un sacco di soldi o aiutato in quella veste. Abbiamo condiviso il nostro amore e la nostra devozione per la musica come forma d’arte. E gli sarò sempre grato di questo.
Mio padre è famoso per la sua carriera di musicista rock, ma la sua sensibilità era molto più grande della categorizzazione verso un singolo genere. Era un vero musicista in quanto ha trovato la propria voce in qualunque cosa facesse, ed è qualcosa che capisco e trovo stimolante.
Sappiamo che stai terminando il tuo nuovo album. Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo disco?
Sono davvero molto contento di pubblicare il mio nuovo album. Ho passato molto tempo a registrare a casa e a girare video su sfondo verde. Quindi posso dirti che ci saranno dodici canzoni abbinate a dodici piccoli film. Stiamo cercando una data per pubblicare il tutto nel 2020 e per rilasciare anche alcuni dei video. L’album si chiama “Fake Humans and Real Dolls”.
Sto esplorando alcune idee su dove potremmo andare con l’Intelligenza Artificiale, cosa significhi essere umani che vanno avanti. Sembra che tutto cambierà così rapidamente per noi su questo pianeta mentre passano gli anni: l’integrazione tra tecnologia e A.I. e dove questo ci condurrà. È un momento senza precedenti pieno di meraviglia e trepidazione. Sopravviveranno il cuore umano, l’amore, la dignità? O ci sposteremo in una specie di incubo transumanistico? Penso che sia importante guardare a queste cose. La musica dell’album è piuttosto rock e si concentra sulla mia chitarra, ma è decisamente il modo di suonare che mi rappresenta.
Possiamo sperare di vederti in Tour nel nostro Paese?
Mi piacerebbe molto venire in tour in Italia con la mia band. Appena il mio manager e il mio agente sapranno quando si tornerà a fare concerti ne saprò di più. Spero si possa ricominciare nel 2021, difficilmente si potrà prima.
Recentemente è morto Little Richard. Tu hai avuto la possibilità di lavorare con lui, come fu quell’esperienza?
Passare alcuni giorni con Richard fu incredibile. Devo ringraziare il mio amico, pianista e produttore, Kevin McKendree a Nashville per l’opportunità. Kevin ha recentemente vinto un Grammy con Delbert McClinton e ha lavorato sempre con tutti i tipi di persone.
Stavo registrando il mio ultimo album “Salvation” nel suo studio quando arrivò l’opportunità di lavorare con Richard. Abbiamo passato alcuni giorni in studio registrando una canzone per un tributo alla leggenda di Nashville Dottie Rambo.
Mi porto dietro da quella esperienza quanto Richard fosse una persona umile. Un cuore grande e un’anima gentile.
Tutti dobbiamo ringraziarlo per molte cose… Il suo talento, la lungimiranza e la fiducia nella ricerca di se stesso. Nessuno di noi può immaginare come sia stato per lui, da uomo di colore, dover emergere in quel momento arrivando a trascendere gli stereotipi razziali per lasciare un segno così importante per tutti. Un uomo veramente incredibile e sono molto grato di averlo incontrato.
Progetti per il futuro?
Oltre al mio nuovo album “Fake Humans and Real Dolls”, sto lavorando a un disco jazz con il leggendario batterista Chester Thompson (Genesis, Weather Report) e il bassista Jeff Berlin. Sono davvero felice di finire il mio primo disco jazz con tutte composizioni originali. Mi sto concentrando sulle mie parti di piano in questo nuovo lavoro.
Sto anche lavorando a una varietà di composizioni orchestrali e scrivendo la mia prima opera intitolata “King You’s Folly”, basata su un’antica storia semi-mitologica cinese del tardo periodo occidentale di Zhou intorno al decimo secolo a.C.
Noi siamo italiani. Hai qualche ricordo particolare legato al nostro Paese?
Amo l’Italia e ho trascorso molto tempo lì. Ho suonato negli anni in tutto il paese. La prima volta che ho suonato in Italia è stato con mio padre a Sanremo nei primi anni ’90. Mio padre aveva una casetta a Dolceacqua in Liguria e ci andavamo di tanto in tanto per qualche giorno. Dolceacqua è una città così bella, con un antico castello medievale risalente al XII secolo. Andavamo a rilassarci per qualche giorno e mangiare ottimo cibo. L’olio d’oliva ti farà vivere per sempre. Ho dei bellissimi ricordi del tempo trascorso in quella regione, è un posto unico.
Più di recente ho suonato in spettacoli come supporto per Joe Satriani a Roma, Padova e Milano nel 2010 (lo spettacolo di Milano ha visto anche Adrian Belew con cui ho finito per fare un disco a Nashville). Ho suonato in uno spettacolo con Pete Brown (il paroliere dei Cream) al Pordenone Blues Festival nel 2017.
Se potessi mettere in piedi una All Star Band per una sera… Quali musicisti sceglieresti?
Questa è una domanda difficile a cui rispondere:
Thelonius Monk alle tastiere, Prince and Allan Holdsworth chitarre, Johann Sebastian Bach basso e Tony Williams batteria.
Ultima domanda: il tuo messaggio per i fans italiani
Ho sempre avuto un grande amore e un grande rispetto per l’Italia. Ogni volta che ho suonato da voi ho sentito il vostro capire e desiderare musica vera. E certamente c’è una grande tradizione nella Classica. Spero davvero di poter tornare presto a farvi visita! (Alessandro Gazzera)
Foto in evidenza: Laila Miroku
Foto interna: Pattie Boyd

 

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